Julianne Moore, candidata agli Oscar 2015 come Miglior Attrice Protagonista, con Still Alice regala al grande pubblico una performance indimenticabile, carica di pathos e sensibilità. La trama di Still Alice è toccante e mai banale. Cosa non da poco in una stagione cinematografica non del tutto esaltante dove non sono stati molti i film che si sono distinti. Basta dare uno sguardo a Still Alice per capire che con pochi mezzi anche la trama più convenzionale, se sviluppata con cognizione di causa, può diventare un ottimo film d’autore. Poche parole quindi per descrivere il lungometraggio diretto da Richard Glatzer. Julianne Moore, che negli ultimi anni sta vivendo una seconda giovinezza in campo cinematografico, si cimenta in un nuovo film complesso ma allo stesso tempo molto semplice, intimistico ed emozionante, crudele ma anche rassicurante nella sua drammaticità dei fatti. L’Alzheimer, che irrompe prepotentemente nella vita di una famiglia benestante e con un futuro radioso, è il punto di partenza di questo lungometraggio che, nel suo piccolo, permette di scandagliare l’animo umano, risvegliando sensazioni sopite e mettendo a nudo la vita di una persona che, causa forza maggiore, vede le sue certezza cadere a pezzi.
Julianne Moore, quindi, facendosi carico di questo grande bagaglio emozionale, si cala perfettamente nella parte di una donna, dal difficile passato, che scopre all’improvviso di essere malata di Alzheimer. Stimata professoressa alla Columbia Univeristy, moglie e madre di tre ragazzi, Alice appunto si trova a dover affrontare questa malattia insidiosa che pian piano le porta via ricordi e sensazioni. L’amore e l’affetto dei suoi familiari però sembrano essere l’unica costante della sua vita.
Sembrerebbe un racconto mono dimensionale quello di Still Alice; infatti a predominare in ogni inquadratura è sempre la figura di Julianne Moore, invece il regista e gli sceneggiatori hanno ben deciso di allargare il raggio d’azione trasformando il calvario personale di una donna in un family drama atipico, intimistico e dal grande spessore. Alice infatti è supportata costantemente dal marito – interpretato da Alec Baldwin – il quale esorcizza però il dolore che porta nel cuore lavorando senza sosta; la vera sorpresa è Kristen Stewart (l’ex diva di Twilight) che, nel ruolo della figlia più piccola e scapestrata, è l’unica che infonde costantemente coraggio alla madre ed al resto della famiglia. Nel film è un’attrice in erba, porta sempre con sé una copia di Angels in America, ed è la vera ancora di salvezza per Alice. Kristen Stewart è quasi convincente nel ruolo che gli è stato affidato e con grande parsimonia si rivela essere un’attrice capace di re-inventare se stessa.
Sono pochi i dubbi e parecchie le certezze che aleggiano quindi su Still Alice, perché è un dato di fatto che la pellicola racchiude tanti di quei sentimenti che lo stesso spettatore non riesce a controllare. Questo è un film che ti entra dentro, ti ruba l’anima, lasciando un senso di tristezza che invade il cuore e la mente anche dopo i titoli di coda. Il motivo di cotanta perfezione stilistica? È il modo con cui i personaggi e la storia stessa si approcciano a quello che è il “mondo” dei malati di Alzheimer; non c’è banalità, il tema non viene ponderato né tanto meno edulcorato, c’è la realtà dei fatti. Sta solo al singolo affrontare tutto questo come meglio può e aggrapparsi alla vita con le unghie e i denti. Al di là poi di queste emozioni tangibili, la regia è calma e pacata, i dialoghi sono intensi e mai banali, l’atmosfera è quasi da cartolina, il cast è omogeneo; Julianne Moore vince su tutti grazie a una delle sue interpretazioni più belle ed appassionanti della carriera. Sarebbe un Oscar meritato per l’attrice più che cinquantenne perché forse nessuno avrebbe potuto fare di meglio. E sì Still Alice è un film bellissimo, se vogliamo usare una terminologia spicciola, un lungometraggio da non perdere che brilla per sagacità, intelligenza e scaltrezza.
Questo però non è stato l’unico film che ha raccontato il disagio del’Alzheimer. Il regista italiano Pupi Avati, ad esempio con Una Sconfinata Bellezza, ha analizzato il tema con un ritmo lento e cagionevole, dove una toccante storia d’amore è stata messa a dura prova dall’arrivo di questo male insidioso e incurabile. Il film non può essere certo messo a paragone con la pienezza di Still Alice, ma è un esperimento piuttosto riuscito per il nostro panorama cinematografico. Questo tema raramente viene affrontato appunto per la sua complessità, eppure nel lontano 2007 ci fu un film che può essere paragonato a Still Alice. Stiamo parlando di Lontano da lei (Away From Her) che ha ricevuto anche due nomination agli Oscar. L’Alzheimer colpisce, anche qui all’improvviso, la vita di due affiatati cinquantenni. In un gioco di flashback che finirà per rivelare alcune crepe nel matrimonio, l’attrice protagonista – Julie Christie – come Julianne Moore si attacca alla vita cominciando a vivere di ricordi che, in men che non si dica, diventano sbiaditi e frammentarsi senza che la donna possa fermare questo processo. Lontano da Lei è forse il primo esempio in cui la cinematografia moderna si è approcciata con intelligenza e un far deciso a una malattia che devasta non solo il malato ma anche i familiari. Still Alice, con la sua trama emozionale, sicuramente in maniera diversa, trae forza da questo piccolo ma immenso bagaglio culturale facendo però la differenza.
Carlo Lanna