La trama del film Suite Francese, la recensione e il trailer
Valutazione film [usr 4]
Coinvolgente. Emozionante. Come sa essere solo una storia d’amore narrata con il cuore e con l’obiettivo, perfettamente raggiunto, di dare voce ai personaggi attraverso la carica emotiva del cinema. Suite Francese è un film che non ci può lasciare indifferenti. Fino all’ultimo la macchina da presa di Saul Bibb, seguendo con ritmo cadenzato le vicende dei protagonisti, ci fa sperare nell’amore visto come sentimento che può nobilitare anche un nazista innamorato. L’odio tra nazioni scompare in un uomo e una donna che si amano, mentre l’attrito che c’è tra i membri di una stessa comunità si acuisce, perché i piccoli conflitti si amplificano in un ambiente di guerra, dove l’amore vero, anche se messo a dura prova, non sfiorisce, come del resto l’odio che si rafforza fino all’inverosimile. Gli abitanti dell’immaginaria Bussy, una cittadina alle porte di Parigi, sono contraddittori nelle loro ipocrisie. I perbenisti vanno temuti più di chi si finge arrogante e austero, come il personaggio di Kristin Scott Thomas, glaciale suocera di Lucile Angellier interpretata da una superlativa Michelle Williams. Siamo, dunque, in piena seconda guerra mondiale. I tedeschi hanno invaso e occupato Parigi. Gli uomini di Bussy sono al fronte. Mentre gli invalidi, gli anziani, le donne e i bambini sono privati della loro dignità e libertà subendo le conseguenze dell’attacco. Ogni famiglia dovrà ospitare un soldato nazista. La macchina da presa indugia sulle mani esperte di Bruno von Falk (Matthias Schoenaerts), che accarezzano il pianoforte di Lucile, la quale – affascinata dal suono di una dolce melodia denominata appunto Suite Francese – comincia a far amicizia, di nascosto, con il militare. Tra i due scocca la passione e Lucile sarà obbligata a scegliere tra l’amore per Bruno e i doveri verso la sua amata Francia. Coraggiosa, determinata e impavida, come sa essere solo una donna innamorata, Lucile, pur senza il fascino di Linda Voss di Vite Sospese, è un personaggio credibile e ben costruito. Suite Francese non commuove solo per la trama ma soprattutto per il retroscena di questa pellicola, basata sull’omonimo romanzo di Irène Némirovsky, affermata scrittrice che morì nel 1942 ad Auschwitz. Iréne, prima di essere catturata, consegnò il prezioso manoscritto alle figlie che l’hanno ignorato per sessant’anni fino a quando Denise Epstein non cominciò a leggerlo e a trascriverlo. Fu così che decise di consegnare al mondo il romanzo incompiuto della madre che aveva redatto solo le prime due parti. Nonostante le sofferenze subite, la scrittrice ebraica credette che ci potesse essere un briciolo di bontà nel cuore di ghiaccio dei nazisti e umanizzò il personaggio maschile, dandoci una preziosa lezione di vita che ritroviamo fedelmente nel film. Da Casablanca a Il mandolino del capitano Corelli e a Il paziente inglese, il Cinema continua a raccontare esperienze di guerra a volte deludendoci, altre emozionandoci, ma sempre con la volontà di aiutarci a non dimenticare le atrocità commesse in quel preciso momento storico. E questa pellicola non fa da meno abbattendo però tutti gli stereotipici e consegnandoci un’altra faccia della Storia, quella poco divulgata ma non per questo meno credibile.
Trailer del film Suite Francese
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Maria Ianniciello