Arnold Schwarzenegger torna a vestire i panni metallici del cyborg modello T-800. La trama e la recensione di Terminator Genisys, capitolo quinto del franchise creato da James Cameron nel 1984, nei cinema dal 9 luglio.
Anno 2029. John Connor è il leader carismatico dell’ultima agguerrita sacca di resistenza umana in lotta contro i cyborg che camminano su una terra arida, fatiscente e inondata da liquami putridi. Dovunque è morte e distruzione, ma, grazie ai valorosi guerrieri e al suo fido braccio destro Kyle Reese la guerra sembra vinta; tuttavia Skynet, rete informatica di macchine intelligenti interconnesse, ordisce un piano strategico sfruttando il viaggio nel tempo per cambiare le sorti dello scontro. Connor, il profeta degli umani, decide allora di mandare indietro nel passato il fido Reese affinchè protegga sua madre Sarah Connor e garantisca la propria esistenza. Il soldato sarà catapultato nella Los Angeles degli anni ’80, ma troverà una donna molto diversa dalla fanciulla indifesa descritta dal suo capo. Cresciuta da un Terminator che chiama affettuosamente papà, Sarah è un cecchino dalla mira infallibile e padroneggia benissimo le strategie belliche impartitegli dal colosso metà umano e metà macchina, col volto dell’inossidabile “last action hero” Arnold Schwarzenegger.
Terminator Genisys, reboot della saga cult creata da James Cameron nel 1984 e diretto da Alan “Thor – the dark world” Taylor, è un film riuscito a metà, a causa di una sceneggiatura (di Laeta Kalogridis e Patrick Lussier) approssimativa ed ingarbugliata che mischia senza criterio (di coerenza) linee temporali alternative e intreccia storie che cozzano, per inverosimiglianza, con gli snodi narrativi degli altri precedenti episodi. Esilarante è però l’effetto sorpresa dettato dall’apparizione epifanica di Schwarzy, indimenticabile macchina sicario che in Terminator (1984) veniva rispedito indietro nel passato per giustiziare Sarah Connor, mentre in Terminator 2 – Il giorno del giudizio viene riprogrammato per difendere suo figlio John. Qui è un simpatico e protettivo papà con artiglio meccanico malandato ed emozioni sornioni pronte a fuoriuscire dietro l’esoscheletro metallico.
Se in Terminator Salvation la salda regia di McG abbandonava completamente i salti temporali per ancorarsi al futuro della guerra tra umani e androidi, la versione roboante di Taylor sceglie di moltiplicare l’unità dell’azione tra passato e futuro creando quello che lo scienziato di Ritorno al futuro chiamerebbe una rottura del continuum tempo-spazio. Nel caso di Terminator Genisys – ed è triste ammetterlo – la vera rottura che si verifica è quella del tessuto della storia che risulta sfilacciata, piena di incongruenze e poco credibile. L’escamotage del viaggio nel tempo, riportato in voga – ma egregiamente – da Abrams nei due episodi del nuovo Star Trek, diventa qui la chiave di volta per dipanare una trama che, ad ogni episodio, risulta dotata di quella artificiosa circolarità che gioca sul concetto di un futuro in perenne mutamento. E ogni scusa è buona per costruirci attorno una storia. Indeciso nella sua essenza ultima – reboot, sequel, remake – Terminator Genisys si salva per le ottime interpretazioni di Emilia Clarke, passata dall’immacolata Khaalesi del Trono di spade alla parte aggressiva di Sarah Connor e di Jason Clarke, un John Connor determinato e dal ghigno che all’occorrenza può farsi perfido.
Voto [usr 2.5]
Vincenzo Palermo