Il senso profondo del film The Accountant è tutto racchiuso in poche e semplici parole: «Definisca il concetto di normalità». Genio e follia. Talento e diversità. Sono termini apparentemente slegati tra loro eppure così affini, perché i dati empirici dimostrano che tutto ciò che è ritenuto “normale” in realtà è omologato e omologabile, di conseguenza la normalità diventa facilmente gestibile. Il talento, al contrario, non è alla mercé di tutti, perché si nutre d’incostanza, di contraddizioni, d’instabilità, di momenti creativi e soprattutto di ossessioni; dal caos nasce la vita. Il bambino, che diventa uomo, in The Accountant, è dunque anormale così come lo era Oskar di un’altra illuminante pellicola, ‘Molto forte, incredibilmente vicino’ del 2011. Non assistiamo al processo di crescita di Oskar ma ci accorgiamo che, come in The Accountant, è proprio la figura paterna a conferire coraggio e forza a questo ragazzino che ha la Sindrome di Asperger. Christian Wolff (il personaggio principale del film oggetto di questa recensione e interpretato magistralmente da Ben Affleck) è, dunque, simile a Oskar però ha molte peculiarità di John Forbes Nash di ‘A Beautiful Mind’ (2001). E` abile con i calcoli e il suo genio è soprattutto folle, ambiguo, asociale… sicuramente fuori dagli schemi.
Sia inteso, i film menzionati sono molto diversi da The Accountant, soprattutto dal punto di vista stilistico. Gavin O’Connor nel suo nuovo lungometraggio propone i medesimi temi delle precedenti pellicole e lo fa con uno stile nuovo, particolareggiato, che strizza l’occhio a generi e sottogeneri cinematografici con un pizzico di sana ironia e una buona dose di cinismo; non manca il pathos e le due figure femminili principali fungono da sostegno a un maschile decentrato. Anna Kendrick veste i panni di una ragazza che ha dovuto rinunciare all’Arte per dedicarsi ai numeri e alle statistiche, mentre l’agente in gonnella del dipartimento del tesoro, che sta indagando su Christian, deve riabilitarsi da un passato oscuro. Ben Affleck è in parte. Lo sguardo inespressivo e il corpo rigido esprimono appieno una razionalità dirompente, mentre i suoi occhi s’illuminano quando porta a termine il proprio lavoro. Christian è autistico ed è un contabile, con abilità eccezionali, che trae guadagno da traffici loschi.
Ritornano – accennavo prima – gli stessi argomenti, in The Accountant, dei lavori precedenti del regista americano; innanzitutto è onnipresente il legame, sicuramente indissolubile e conflittuale tra fratelli, come in ‘Warrior’ (2011). Pellicole su figli che cercano, tra misfatti e ossimori emozionali, di incarnare i valori dei padri, i quali li hanno educati in modo militaresco. Christian racchiude in sé tutti questi personaggi ma in un’ottica diversa. The Accountant è un film dallo stile forte e deciso, dai dialoghi calibrati e a tratti taglienti, dalla sceneggiatura robusta e dalle immagini ben definite, il montaggio con molti flashback non disorienta. Il film non è un capolavoro della Settima Arte, questo è innegabile (molte sono le sbavature), sebbene non passi inosservato per l’ottima performance di Ben Affleck e soprattutto per quella lucidità registica che porta lo spettatore a incanalarsi in una serie di cunicoli, senza mai perdersi, ritrovando così quel filo di Arianna che avvolge tutto il lungometraggio, il quale fa spettacolo tenendo alta la qualità! Di seguito il trailer.