Tiramisù: trailer del film di Fabio De Luigi, trama e recensione
«Basta un poco di zucchero/ e la pillola va giù/ tutto brillerà di più!» Chi non si ricorda questo motivetto? Tenetelo bene a mente e per l’opera prima di Fabio De Luigi sostituite allo zucchero il tiramisù, l’effetto dovrebbe essere lo stesso. Certamente “Mary Poppins” e il film in oggetto appartengono a generi diversi; tutti quanti, però, ci saremmo aspettati un po’ di brio da un lungometraggio chiamato “Tiramisù”. È innegabile che si tratti di un titolo parlante che porta in sé la parabola del nostro protagonista, Antonio Moscati (lo stesso De Luigi). L’uomo ci appare in una fase depressiva, quando il luogo del focolare è stato già svuotato e lui è quasi oppresso da quel vuoto attorno. In televisione, il cuoco di turno è pronto a sciorinare la ricetta del tiramisù acuendo in lui la mancanza della donna che ama. Come accade spesso, tanto più in alcuni prodotti televisivi, si fa un salto nel tempo. Rewind e lo spettatore scopre tutto ciò che è accaduto. Antonio arranca nella sua professione di rappresentante sanitario, è apatico e gli manca il savoir faire del buon venditore. A far da contraltare c’è suo cognato Franco (Angelo Duro), cinico e probabilmente proprio per questa sua caratteristica forte affarista nel settore moda. Chiude il terzetto maschile l’amico Marco (Alberto Farina), utopista e indebitato perché il suo locale, “Vini e vinili”, non decolla. Sul versante femminile troviamo innanzitutto Aurora (Vittoria Puccini), una moglie che mette da parte le sue aspirazioni più alte così come le proposte di lavoro che la porterebbero molto lontana da Antonio, pur di esserci.
Il suo tiramisù diventa, all’inizio per caso, l’arma con cui l’uomo comincia a conquistare i clienti. Involontariamente sarà proprio questo dolce a mettere le basi per la scalata sociale del marito, il quale dimentica la condizione passata e si fa fagocitare dal desiderio di avere sempre di più. Il resto potete immaginarlo… Sulla carta questa commedia vorrebbe denunciare la corruzione umana, magari anche con risvolti sociali visto il collegamento con la sanità. La falla sta nello stesso sistema dei personaggi, dove ognuno risponde a un’immagine ben precisa, il più delle volte stereotipata. La Puccini non delude le aspettative, è brava e in parte, il suo volto intenso, dolce e semplicemente puro si addice all’innocenza della sua Aurora (e anche qui non un nome a caso). Giulia Bevilacqua, dal canto suo, deve sostenere il ruolo che rappresenta, ovvero l’opposto della moglie, cercando di non cadere troppo nel cliché di donna tentatrice. Il punto nodale per cui questa commedia non è riuscita risiede in una scrittura poco brillante, difetto che emerge ulteriormente visto che si trattano temi e tipi già visti. Come interprete Fabio De Luigi ci ha spesso convinti in film come “Happy Family” di Gabriele Salvatores o “Soap Opera” di Alessandro Genovesi, ma in “Tiramisù”, forse anche perché si autodirige, talvolta straborda senza riuscire a far coesistere in modo credibile il sorriso con gli occhi malinconici per qualcosa che si è perso. In più si è occupato anche lui dello script mettendo troppa carne al fuoco, compreso il riferimento a ministri amici e cardinali facilmente comprabili. Va detto che in questa sua divisione in tre parti, le vesti che indossa meglio sono quelle attoriali.
Spesso il cibo è entrato a far parte della Settima Arte. Chi non ricorda l’immagine di Totò in “Miseria e nobiltà” per la regia di Mattioli, una scena che comunicava tutta la disperazione di quelle persone e quanto fossero affamate, ma sempre con la leggerezza che Scarpetta aveva come cifra. La funzione del tiramisù potremmo più avvicinarla a qualcosa di magico che fa presa su chi se ne ciba e in tal senso ci affiora alla mente “Chocolat” con Juliette Binoche. Le scene in cui la donna prepara il dolce ci richiamano alcuni fotogrammi di Ferzan Ozpetek, un regista che davvero è riuscito a creare un connubio forte tra cibo e cinema. Tutti noi abbiamo traccia indelebile della tavola di dolci ne “La finestra di fronte”, ecco la religiosità e la cura con cui Aurora dà vita al tiramisù con tuorli e non uova intere, per un attimo, fa pensare a tutto questo. Purtroppo, però, per via di un lavoro in superficie della scrittura, De Luigi non sortisce né lo stesso effetto di Ozpetek né uno nuovo e personale. Il tiramisù diventa solo un espediente, oltre che un termine facile e diretto per indicare la condizione esistenziale del suo personaggio. Ci duole dirlo ma le buone intenzioni non si sono trasformate in un dolce tiramisù per tutti. Di seguito il trailer del film di Fabio De Luigi.