Intervista a Toni Servillo che a Bologna ha ricevuto la Laurea ad Honorem in Discipline della musica e del teatro.
«Attore si nasce ma si diventa. Le capacità naturali vanno rigorosamente affinate nella tecnica, poi bisogna far sparire la tecnica, come nelle arti marziali, si recupera il movimento naturale della difesa e dell’attacco, fino a non pensarlo più mentre il corpo agisce per intuito profondo». Così Toni Servillo a Bologna, nell’Aula Magna di Santa Lucia stracolma, dopo aver ricevuto la laurea ad honorem in Discipline della musica e del teatro. Durante la sua lectio magistralis, il protagonista de “La grande bellezza”, ha voluto ricordare i maestri che lo hanno influenzato, da Eduardo De Filippo a Louis Jouvet, passando per Leo De Bernardinis, poi Luca Ronconi scomparso di recente. Visibilmente emozionato e a tratti commosso, il neodottore Toni Servillo ha posto l’accento sulla professione dell’attore per poi concludere: «Si sceglie un mestiere per realizzarsi. Insomma, una vocazione è un miracolo da compiere con se stessi».
Dopo David di Donatello, Nastri d’argento e Oscar, è davvero così emozionato davanti a una laurea?
Sì, l’emozione è veramente molto grande. Ho lasciato gli studi perché il teatro è iniziato a diventare molto presto una professione, questa è la mia prima laurea. E’ un titolo che arriva da una città e da un’Università a cui sono molto legato per tante ragioni e viene da un Rettore che sei anni fa ho accompagnato nella giornata della sua investitura. Davvero non saprei trovare altre parole…
A chi vuole dedicare la laurea?
Agli studenti del Dipartimento della laurea in teatro musica e scienze dello spettacolo. Ai giovani che studiano materie come cinema, musica, teatro e che intendono fare questa nobile professione che è l’attore.
Qual è lo stato di salute del mondo del cinema e del teatro in Italia?
E’ una domanda difficile soprattutto in questa circostanza. Sono sotto gli occhi di tutti, i riconoscimenti internazionali che ha avuto ultimamente il cinema italiano con Sorrentino, con Garrone, con Alice Rohrwacher. Ecco, a fronte di un rinnovamento piuttosto importante che vedo nel cinema ed anche nel teatro, quest’ultimo purtroppo colpevolmente meno seguito dai media rispetto al cinema, non sempre corrisponde l’investimento che le istituzioni in generale, debbono operare perché lo stesso rinnovamento trovi stabilità e serenità di percorso.
Con questo riconoscimento entra nel mondo accademico…
Resto un attore onorato di ciò che mi è stato dato in una disciplina in cui ritengo di aver sul campo conquistato qualche piccola autorità. Se mi fosse stato dato in filologia romanza non l’avrei accettato perché avrei sentito di usurpare il lavoro di altri.
Servillo che rapporto ha con Bologna?
Sono molto legato a questa città perché qui ho avuto un momento di formazione importante nel teatro, ho avuto la fortuna di fare ben due spettacoli con Leo De Bernardinis che è stato un artista che ha lavorato molto in questa città ed uno dei maestri più importanti nella mia vita. Bologna ha espresso dal punto di vista intellettuale una numerosa quantità di studiosi che si sono occupati in maniera seria e profonda di storia del teatro, di approfondimento sul mestiere dell’attore. Ne cito due per tutti a cui sono molto legato e che sono scomparsi: Claudio Meldolesi e Fabrizio Cruciani, sono autori che hanno lavorato in questa città e sui cui libri mi sono formato. Poi ci sono tantissime altre amicizie ma rimarrei nell’ambito del significato universitario della giornata.
Bologna si sta preparando a ricordare Lucio Dalla. Anche lui era un suo amico…
Ho avuto la fortuna di conoscerlo perché seguiva i miei spettacoli a Bologna e questo lo dico perché dimostra, anche se è nota a tutti, la curiosità e l’umanità intellettuale di Dalla. Da lì è nata un’amicizia e un affetto profondo per cui ogni volta che io passavo da Bologna c’era sempre modo di trascorrere ore piacevoli insieme.
Emilio Buttaro