La recensione di “Mortaccia” con Veronica Pivetti al Teatro Ghione di Roma, dal 14 al 26 ottobre 2014
Triste per dover vivere sempre nel buio, insofferente per dover svolgere il suo compito e dirigerlo da un cimitero, spietata contabile dell’umanità nel momento del trapasso. Mortaccia non riesce, nonostante tutto, a essere antipatica. Una bella signora che dal suo regno racconta, cantando, la vita dell’uomo. E non ne usciamo tanto bene, ancor prima di uscirne definitivamente per incontrarla. Sarcastica, caustica, irriverente, scandalosa, sexy, Mortaccia canta alla vita. Lei, che ne è la fine, quasi si dispiace della caducità umana, ma deve assolvere al suo compito, ainoi. Si rammarica della nostra stoltezza, delle nostre assurdità. Gente che muore di fame e altre che muoiono per quel che mangiano. Il “troppo agio che fa il sangue mogio”, i poveri che fanno polvere, la folle corsa di tutti i giorni, sabato sera post discoteca compresi.
Gli intrallazzi, le mancanze di affetto, le ipocrisie, l’illusione effimera della chirurgia estetica, il futuro tradito di giovani vite abusate, donne che sanno vivere solo “in orizzontale”. Tra uno sberleffo, un’invettiva, un’indignazione (eh sì, questa Mortaccia si indigna al posto nostro) una straordinaria Veronica Pivetti dà vita, paradossalmente, a una morte umanissima, temuta sì, ma accattivante. Lo fa col suo talento di animale da palcoscenico, già ammirato in altre occasioni, con uno spettacolo originale, anche esteticamente bello, chansonnière a suo perfetto agio tra lapidi, nebbie e atmosfere gotiche. Canta, Mortaccia – Veronica, mima, usa il corpo con energia ammirabile, ci crede. Sperimentatrice, si lancia stavolta in una scommessa non facile da vincere.
Il tema della morte è arduo da affrontare col sorriso sulle labbra, ma lei ci riesce con questo musical – non musical, grazie alla sua naturale simpatia e spendendosi totalmente per condurre in porto “il tanto” che c’è nel testo, negli argomenti affrontati, e che forse è anche troppo, da non riuscire a comprendere appieno qualche passaggio. Ma nel suo complesso, Mortaccia è uno spettacolo gradevolissimo, nuovo, che si pregia di una scenografia e di costumi meravigliosi, nonché di musiche originali di Maurizio Abeni, una garanzia. Fanno compagnia alla protagonista principale, due personaggi bizzarri, Sentenza (Elisa Benedetta Marinoni) e il maggiordomo Funesto (Oreste Valente). L’una è la falce alle dipendenze di Mortaccia, sprezzante e sferzante, l’altro un simpatico cerimoniere che accoglie anche il pubblico in sala contribuendo a creare l’atmosfera “noir” che dà inizio alla serata. Due presenze funzionali e ben concepite dalla penna di Giovanna Gra.
Cantare la vita in tutte le sue accezioni, da un punto di vista particolare, aldilà (mai termine fu più esatto) delle percezioni dei vivi, con una bella dose di sarcasmo che non risparmia nemmeno la situazione attuale del nostro Paese. Mortaccia è una donna che, suo malgrado, cadrà vittima dell’essere umano, si accorgerà con orrore di essere stata spodestata dalla sua crudeltà, così impegnato a spargere il sangue anziché il suo seme. Triste, sfrattata dal suo regno. Tanto, faremo tutto da soli, anche senza di lei.
Spettacolo musicale, insolito, da vedere con attenzione. Spiazzante.
Paolo Leone
Roma, Teatro Ghione. Dal 14 al 26 ottobre.
Pigra presenta: “Mortaccia – la vita è meravigliosa”.
Scritto e diretto da Giovanna Gra
Con: Veronica Pivetti, Oreste Valente ed Elisa Benedetta Marinoni.
Musiche di Maurizio Abeni; Costumi di Valter Azzini.
Si ringrazia l’ufficio stampa del Teatro Ghione nella persona di Claudia Ragno