Saranno 8,2 milioni (rispetto ai 9,5 milioni del 2012) gli italiani in vacanza che dormiranno almeno una notte fuori casa per Pasqua, facendo segnare un -14,1 per cento. Di questi quasi l’88 per cento resterà in Italia (rispetto al 90 per cento del 2012), mentre il 12 per cento (rispetto al 10 per cento del 2012) andrà all’estero.
Per chi resterà in Italia sarà il mare la scelta privilegiata (34 per cento delle preferenze, rispetto al 37 per cento del 2012), seguita dalle località d’arte maggiori e minori che toccheranno il 25,5 per cento (rispetto al 21 per cento del 2012). In leggera decrescita la montagna al 23 per cento (rispetto al 24 per cento del 2012), mentre il 5, per cento andrà in località lacuali (rispetto al 7 per cento del 2012) ed un 3,5 per cento in località termali e del benessere (rispetto al 2,3 per cento del 2012). Per chi invece preferirà l’estero, spiccano le Capitali europee con il 53,4 per cento dei consensi (rispetto al 65 per cento del 2012), seguite dalle località di mare con il 20 per cento (rispetto al 21 per cento del 2012).
La casa di parenti o amici con il 28,1 per cento (rispetto al 26,1 per cento del 2012) sarà la struttura ricettiva maggiormente preferita dai vacanzieri, seguita dall’albergo che accoglierà il 27,6 per cento delle preferenze (rispetto al 28,4 per cento del 2012) e dalla casa di proprietà al 15,6 per cento (rispetto al 19 per cento del 2012). Un incremento significativo ci sarà nei B&B col 6,1 per cento (rispetto al 2 per cento del 2012) mentre un calo si registrerà per gli agriturismo con il 3,7 per cento rispetto al 4,7 per cento del 2012.
La spesa media pro-capite (comprensiva di trasporti, cibo, alloggio e divertimenti) quest’anno si attesterà sui 317 Euro rispetto ai 329 del 2012 (con un calo del 3,6 per cento) generando un giro d’affari di 2,59 miliardi di Euro (rispetto ai 3,13 miliardi di Euro del 2012) per un decremento del 17 per cento. Nel dettaglio chi resterà in Italia spenderà in media 272 Euro (rispetto ai 288 Euro del 2012), mentre chi andrà oltreconfine spenderà una media di 631 Euro a persona (rispetto ai 682 Euro del 2012). La durata media, infine, della vacanza si attesterà sulle 3,2 notti rispetto alle 3,5 notti del 2012.
Complessivamente ammonteranno a circa 52 milioni le persone che resteranno a casa a Pasqua (rispetto ai 51 milioni del 2012). Di questi, il 45,2 per cento, pari ad oltre 23 milioni di italiani, ha dichiarato di non potersi permettere una vacanza per “mancanza di soldi”. L’indagine è stata effettuata dall’Istituto ACS Marketing Solutions dal 18 al 25 marzo intervistando con il sistema C.A.T.I. (interviste telefoniche) un campione di 3mila italiani maggiorenni rappresentativo di circa 50 milioni di connazionali maggiorenni.
Federalberghi – «I dati previsionali di Pasqua sono l’ennesima conferma di come l’Italia stia purtroppo vivendo una crisi epocale, che rischia di far tornare l’economia turistica ai livelli post Seconda Guerra Mondiale». È il commento del Presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, alla lettura dei risultati di una indagine svolta in queste ore.
«La perdita di oltre il 14 per cento di italiani che partiranno per Pasqua (rispetto a Pasqua del 2012) -prosegue Bocca – ed il parallelo decremento del 17 per cento del giro d’affari, costituiscono due percentuali senza precedenti per una ricorrenza tanto importante per un Paese cattolico. E non può essere una scusante credere che la Pasqua celebrata a fine marzo possa influire sui consumi turistici – aggiunge il Presidente degli albergatori italiani – in quanto dalla nostra indagine risulta come addirittura il 45,2 per cento di chi dichiara che non farà vacanze (pari ad oltre 23 milioni di connazionali) indichi nei motivi economici tale scelta». Bocca continua affermando: «A questo punto è indispensabile che Governo, Parlamento e Sindacati provino a ragionare con le imprese ad un piano di emergenza per salvaguardare i lavoratori e le aziende del settore se non vogliamo che nel giro di pochi mesi alcune migliaia di alberghi e centomila dipendenti cessino la propria attività, privando l’economia nazionale di una delle poche attività in grado da sola di condizionare lo sviluppo del Paese».