Viva la sposa, recensione
Viva la sposa di Ascanio Celestini è un film che sa essere poetico e in altri momenti molto realistico e diretto, ma in questo percorso non facile incappa in qualche caduta. Vi proviamo a spiegare perché senza assolutamente spoilerare, col rammarico di qualche aspettativa un po’ disattesa tanto più dopo esserci emozionati con il precedente “La pecora nera” (2010). In quell’esordio l’artista riusciva con corde personali e delicate a dar vita, in particolare, a Nicola, un trentacinquenne rinchiuso in un ospedale psichiatrico, laddove il “diverso” era tratteggiato in un modo lirico e fortemente umano. Nicola era sì il protagonista, ma stava a rappresentare uno dei tanti bambini che, per cultura o forma mentis della società e della famiglia, in determinati anni, furono rinchiusi nei manicomi. Come in un filo rosso ideale, anche l’uomo, che interpreta Celestini in Viva la sposa, si chiama Nicola; qui, in un intreccio di storie, anche il personaggio più piccolo fa parte dell’economia del tutto. L’artista vuole, infatti, affrescare un certo tipo di umanità, che è quella che ci circonda o che può capitare sotto le ruote del nostro furgoncino. Nella reiterazione del tran tran quotidiano, anche gli incontri più casuali possono portare con sé relazioni da allacciare come quella di Marino che non parla; apparentemente è incapace di entrare in un rapporto attivo col mondo circostante, ma scruta tutto.
Il nostro Nicola ha il vizio del bere, si racconta spesso di aver smesso e lo dichiara agli altri, ma togliersi una dipendenza non è semplice così come non è facile sottrarsi dal controllo e dal potere che gli altri hanno su di noi. Siamo volutamente un po’ criptici perché addentrarci troppo significherebbe svelarvi quegli intrecci che sono alla base del film. L’autore e attore romano, coerentemente col viaggio creato sulle tavole del palcoscenico con gli spettacoli di impegno civile e sociale, sceglie di dar voce a chi è ai margini o a quei volti che, forse, costituiscono lo strato più ampio della nostra popolazione. In Viva la sposa si vede e si prova come ci si possa perdere, sopraffatti dalla condizione di solitudine o dall’incapacità di chiedere aiuto. Il punto è che, ci duole dirlo, in alcuni passaggi anche lo stesso lungometraggio si perde nella struttura un po’ frammentata e soprattutto in una scena di denuncia sociale nel commissariato di polizia. Non possiamo descriverla e non contestiamo il j’accuse in sé, ma ci è solo sembrato che il modo in cui si arriva a quel pestaggio sia un po’ buttato a caso ed è un peccato per un artista che non ha paura di impastare le mani in temi scomodi, dando voce a quell’umanità che tanto era cara anche a Pier Paolo Pasolini. È come se quella pennellata così umana che ben tratteggia a parole nel suo teatro di narrazione e non solo, qui sia un po’ scivolata in riferimenti ideologici, richiamando più l’immagine del bianco e nero senza sfumature. In quest’ottica si perde un po’ per strada il lavoro sulla profondità dei personaggi, anzi delle persone, che si è scelto di raccontare. Sicuramente “La pecora nera” è stata un’opera più riuscita; certo anche in quest’ultimo lavoro l’occhio registico dimostra attenzione verso quei dettagli e i luoghi periferici (Cinecittà, Quadraro, Cecafumo e Capannelle) che diventano metafora dello squallore interiore che si può provare e dell’ “imbruttimento” a cui si può arrivare.
Ogni uomo, donna, bambino che compare in Viva la sposa sembra sguazzare in quel limbo a cui la società può costringere; è come se tutto, dall’anima umana al paesaggio circostante, sia in decomposizione e si viaggi solo per inerzia. Un barlume di speranza, forse, arriva dalla sposa. «Il titolo dice tutto. Viva la sposa! Passa una bellissima donna bionda tra le vite di poveri cristi. Una sposa che fa voltare tutti. Guardare la sposa li fa sopravvivere, ma poi la vita vera è un’altra. Direbbe Wittgenstein che la filosofia è una maniera per distruggere gli idoli. Ma anche un modo per smettere di crearne. Eppure… senza idoli facciamo fatica a vivere» (dalle note di regia).
Ciò che siamo diventati oggi lo racchiude questa battuta di Nicola mentre si adopera nel suo teatro per ragazzi: «Com’ero buffo quand’ero un uomo in carne ed ossa, come sono contento ora che sono diventato un burattino di legno». Voto: [usr 2.5]
Viva la sposa, trama
Tanti personaggi ai margini per un unico coro. “Viva la sposa” non ha una trama lineare, ma è un insieme di storie, a partire da quella di Nicola, un gran bevitore che cerca di «campare» facendo teatro per bambini e ragazzi con i suoi burattini. Accanto a lui, ci sono Sasà, abile nel truffare le assicurazioni, Salvatore, figlio della prostituta Anna e molto legato a Nicola, Sofia che vorrebbe “evadere” dai nostri confini, ma resta. A loro si aggiungono molti altri volti, le cui vite si mescolano le une alle altre o, talvolta, si attraversano quasi nell’indifferenza.
Viva la sposa, trailer
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Info aggiuntive
“Viva la sposa”
di Ascanio Celestini
Con Ascanio Celestini, Alba Rohrwacher, Salvatore Striano, Francesco De Miranda, Veronica Cruciani, Pietro Faiella, Mario Sgueglia, Gianni D’Addario, Corrado Invernizzi, Barbara Valmorin, Dora Romano, Mimmi Gunnarsson
Distribuzione: Parthénos