La trama di Youth – La giovinezza, il trailer e la recensione del film di Paolo Sorrentino, presentato a Cannes in contemporanea con l’uscita nelle sale italiane.
Fred Ballinger e Mick Boyle sono due vecchi amici sul viale del tramonto. Il primo è un direttore d’orchestra ottantenne in pensione, dimesso e all’apparenza privo di slanci emotivi. Il secondo è un regista suo coetaneo alle prese con l’ultimo film, opus testamentaria con cui desidera accomiatarsi dallo scorcio di esistenza rimastogli. Si ritrovano, insieme ad un attore tristemente ricordato dai fan per l’interpretazione di un robot e ad altri bizzarri personaggi, presso un elegante e raffinato hotel, quello Schatzalp citato già da Thomas Mann ne La montagna incantata, immerso nella foschia tardo primaverile e spruzzato appena dalle precedenti nevicate. Con Fred c’è Lena, sua figlia e personale accompagnatrice nel signorile alloggio svizzero in cui l’ex musicista è tampinato da un emissario della regina che desidera eleggerlo sir e lo vuole a tutti i costi come chef d’orchestre per un prestigioso concerto. Mick trascorre il soggiorno immaginando il suo prossimo e forse ultimo lavoro dietro la cinepresa, circondato da attori filosofanti e raggiunto poi dalla sua attrice principale di cui è stato, tanto tempo fa, amico e mentore indiscusso. Storie di figli e padri, intrecciate, appena visibili dietro i vapori e la condensa dei bagni turchi. Intorno ci sono corpi che danzano sullo schermo come una sinfonia di carne e muscoli; gambe e seni sviliti dai troppi anni trascorsi, figure stipate dentro le saune o immerse nelle piscine affollate. La macchina da presa, memore dei virtuosismi stilistici del regista partenopeo, scivola sinuosa sulle pelli raggrinzite dei vecchi o sui muscoli guizzanti e levigati della miss universo di turno, svela caricature deformi ingiallite dall’età, compone eleganti geometrie e stacchi superbi, soffermandosi lenta sui dettagli che narrano quello che potremmo definire la memorabile Storia di un corpo. Ma il romanzo di Daniel Pennac ha poco a che fare con il settimo lungometraggio di Paolo Sorrentino, oggetto sfuggente e meraviglioso, solenne e disarmante nella sua leggerezza. E oltre al corpo c’è di più. C’è quell’anima che, diceva Novalis, “di tutti i veleni è quello più forte”. Ma Fred, forse, la sua la tiene celata ai più, perché sostiene che le emozioni sono sopravvalutate, servono a poco quando a rimanere sono solo ricordi nebulosi a cui aggrapparsi quando la vita sfugge. Ci sono i figli a cui affidare gli scampoli ultimi di vita per sentirsi meno soli, gli amici o i semplici conoscenti le cui storie, magari solo abbozzate, possono fungere da corollario per le proprie, da “altra materia da romanzo”, avrebbe detto Flaubert. Youth – La giovinezza ci parla proprio di un campionario umano fragile, di frammenti di materiale corporeo e spirituale da commedia agrodolce, dramma degli affetti o melò sofisticato. Il film levita, come il monaco buddista nel giardino dell’Hotel, attraverso i generi per riflettere sul “tempus fugit” e coglie, per mezzo dei contrasti illuministici della fotografia di Bigazzi, i particolari di un valzer di immagini leggero come l’aria e profondo come il mare. Un film aereo e rarefatto, concepito per abbandonare quanto basta il “superiorem stilum” della tragedia e adattarsi ad uno stile umile che sovrappone figurazioni basse e sublimi, alternando registri diversi senza nessuna forzatura. E come quasi tutti i lavori di Sorrentino, è un film esperienziale che recupera, in questo caso attraverso un’assenza – la giovinezza – la dimensione sacrale della vecchiaia come età di transizione e conoscenza di sé e dell’ altro, forse aprendosi ad una nuova sconosciuta “aetas aurea”. Figlia legittima delle opere del primo periodo del cineasta – Youth è un’opera intimista e toccante, ottimamente recitata dalla coppia Caine-Keitel e da Paul Dano e Rachel Weisz, solo apparentemente concepita per assecondare il narcisismo estetico di un autore che sa di poter abbagliare, sempre e comunque, con la potenza di immagini oniriche. Il Sorrentino scrittore va in questo caso a braccetto con il suo alter ego “esteta” e un po’ dandy che si compiace di surreali e barocchi trionfalismi, realizzando una pellicola la cui unità è data dal crocevia di più dimensioni che convergono: la realtà sentimentale, la malinconia della senilità che rende vulnerabile l’animo, la surrealtà carnevalesca in cui personaggi senza storia vagano come viandanti tra le nebbie del tempo.
Trailer di Youth – La giovinezza
Voto: [usr 5]
Vincenzo Palermo