Il dualismo rappresentante gli opposti che si incontrano e si scontrano su questo mondo è nato col mondo stesso, che ha dovuto registrare subito il giorno e la notte; la vita ed immediatamente dopo la morte; la giovinezza e la vecchiaia; il maschio e la femmina; il bello ed il brutto; il buono ed il cattivo e via constatando.
Tale naturale aspetto delle cose è però diventato istinto ed incoraggiamento a dualizzare fino ad esagerare: guerra santa e guerra empia, guerra di liberazione e guerra di aggressione e così via, pur essendo sempre guerra con distruzioni, orrori e tanti morti, questi ultimi anche essi dualizzati in morti cattivi, dei perdenti, e morti buoni, dei vincitori: a volte, i perdenti non possono neanche piangere i loro morti, perché meritevoli della loro sorte, che li priva di qualsiasi riguardo, ritenendoli morti necessari, oltre che cattivi, mentre i vincitori eroizzano i loro morti, che non sono morti qualsiasi, ma eroi caduti nell’adempimento di dovere superiore e da ricordare ad esempio delle future generazioni, immortalati con monumenti ed illustrati dalla storia, nonostante il parce sepulto: la guerra non è dualizzabile, formando già dualismo con la pace, come non è dualizzabile la morte, che già forma dualismo con la vita.
Seguendo l’innaturale e illogico procedimento, di dualizzare il dualizzato cioè, si arriva a parlare di armi non solo intelligenti, ma di armi buone, pur essendo nella definizione stessa di arma il concetto di distruzione o quanto meno di far del male e, per giunta, far del male di proposito.
Armi, anche le intelligenti, sono pericolose pure per chi le usa, per cui i soldati, che si lamentano di contaminazioni, che avrebbero portato all’altro mondo, anzi tempo, loro commilitoni, non sono fuori della realtà: i loro commilitoni non sono morti per la ragione stessa per cui sono nati, ma sono morti anche per l’azione delle sostanze che compongono proprio le bombe buone, le bombe intelligenti!
Armi arricchite di plutonio, pur se impoverito, fanno male anche solo a manipolarle, altro che lamentele infondate.
Avendo citato Virgilio per il titolo non si può non concludere che Roma, che di guerre pure se ne intendeva, lasciò al mondo il messaggio di pace, che l’umanità praticamente ancora non ascolta: l’universale di menti elevate spesso cede all’orticello di chi non vede oltre la siepe.
Nunziante Minichiello