1960 – Aria d’estate, figure rilassate, odore di carne, quella buona paesana però. Quando dico paesana è perché ormai è diventato una parola di garanzia. Carne paesana, orto paesano, la tradizione paesana, e la gente? A me ha sempre scocciato pensare che chi vive in città sia re mentre chi si circonda di natura sia un vassallo. Credo che il paesano, quello buono, nel mondo delle fate e delle principesse è quel cavaliere bello, intelligente e romanticamente innamorato dell’amore pronto a difendere le signore prigioniere nelle altissime torri di quei castelli mentali, da loro stesse costruiti. Sì un cavaliere. Il paesano è quell’uomo che dà importanza all’inutile per il cittadino. Eccomi, sto male. Intorno a me tutto scuro, ho deciso di chiudermi in camera, a deprimermi. Ogni tanto serve all’autostima. Sono fatto così, quando ho bisogno di forza io mi carico la sera prima con la mia angoscia. Una volta passato la notte nel mio letto affogato dai miei pensieri pesanti, secondo me colpa del colore scuro intorno, il mattino seguente con il tocco di luce solare riesco a sentirmi libero, sorridente ma soprattutto mi sveglio con la voglia di fidarmi di me stesso, così quello schiavo dei folletti cattivi lascia il posto al rivendicatore dei sogni. Questa volta non è colpa della mia mente però ma di quel bastardo del mio cuore. Colpa di lei, di lui o della vita che ho deciso di fare? Io quando sto davvero male cerco sempre in qualcuno un segno, una risposta alla mia domanda. Poi però succede che mentre pronuncio mentalmente la domanda già so che tra le adorabili scarpe rosse e gli scomodi tacchi blu, preferisco l’elegante sandalo nero. Perché è così! Io, tu, loro, noi sappiamo sempre ciò che facciamo, ciò che siamo, come vorremmo essere e come saremo realmente. La mia Lei è speciale, il suo Lui è bravo, io sono originale, paesano. Sono passati pochi anni da quando Mary Quant inventò la minigonna. Aimè mi chiedo ancora oggi se quel genio l’abbia inventata come segno di femminilità o per favorire la creatività sessuale. Sì gli anni ’60 sono soprattutto gli anni della minigonna e credo verranno ricordati anche per essa. In questi anni, i miei, prevaleva la tendenza a rompere con il vecchio e a ricercare il nuovo. E infatti le diverse forme d’arte di questo periodo sono caratterizzate da un evidente desiderio di superamento e dalla netta divisione tra la cosiddetta cultura “alta” e quella “bassa”.
L’apparizione della mini è stata precisamente in quel del 1965, che rispondeva al crescente bisogno delle adolescenti e delle giovani di esprimersi liberamente. Fece scalpore perché le gambe non erano mai state così in vista, prima di allora. La mini fu subito considerata indecente e molti erano sdegnati: per esempio, secondo Coco Chanel il ginocchio era la parte meno attraente della donna, che pertanto sarebbe stato meglio tenere nascosta. Nonostante le critiche, negli anni ’60 le sottane delle donne di qualsiasi età diventarono man mano sempre più corte, fino ad arrivare in certi casi a coprire a malapena gli slip. Alla realizzazione della mini estrema contribuì in modo non indifferente l’invenzione della calzamaglia senza cuciture.
L’inventore della minigonna è discusso: Mary Quant o Courrèges? Entrambi, infatti, presentarono, pressoché contemporaneamente, modelli con gonne molto corte. Le minigonne di Courrèges avevano linee spigolose e futuristiche.
La Quant, al contrario, propose scamiciati a vita lunga, con cinture all’altezza dei fianchi, gonne pieghettate o svasate che si fermavano appena sopra il ginocchio e sembravano molto più corte di quanto fossero realmente. La sua mini diventò immediatamente un must, appunto la mia rovina. La mia Lei era una donna che pretendeva il podio sul piedistallo. Eh sì! Era di voga vedersi sfilare in passerella, essere quindi una rappresentante Donna. Sembra uno stupido tappeto di legno con le gambe la passerella, ma quello scalino per noi è il mezzo di comunicazione dell’Arte elegante. Gli inglesi la chiamano Cutwalk che italianizzato vuol dire camminata da gatto. Derivato dalla sicura camminata felina che la donna usava per sfilare, tralasciando a volte l’eleganza, a mio parere. Di eleganza tradizionale o signorile non se ne poteva proprio parlare, ma, appunto, era lo scopo voluto di questi anni. I nuovi vestiti e cappotti alla moda dovevano innanzitutto sembrare giovanili e poco convenzionali, divertenti e irrispettosi. Vestiti a forma di sacco, stretti in alto e svasati verso il basso, lunghi fino al ginocchio. L’età reale di chi li indossava non aveva alcuna importanza. Mia zia lo crede ancora. I mitici anni ’60 non sono solo segnati dalla minigonna ma anche dagli stivali alti fin sopra il ginocchio, tipici di Lei. Diventano lo specchio di una generazione pronta a ribellarsi a tutto ciò che la opprimeva. Sì Lei, insieme a Lui, si associavano agli Hippie. Ho letto, appunto, che il “fenomeno hippy” sta circolando negli Stati Uniti da pochi anni, di preciso 1968. Sono gruppi di giovani, animati da ideali pacifisti e anarchici, che propongono il ritorno alla natura e protestano contro la guerra del Vietnam. Nella mia mente immagino: vento, Lei, fiat 600 bianca mezzo che da molti anni aveva sostituito la carrozza da soli 4 cavalli, lo stronzo, Beatles e la strada verso Bethel, New York. A Bethel ci sarà, secondo me, l’epocale festival di Woodstock, culmine della controcultura Hippie del decennio. Fumeranno col suono di artisti come Jimi Hendrix, Joan Baez,Janis Joplin e gli Who ascoltando così i futuri Maestri della storia della musica. I Beatles, nei loro arrangiamenti, utilizzavano provocatoriamente un’orchestra di violini, mezzo di rottura tra le classi sociali. Quindi non più violino contro l’acuto suono rock della batteria ma l’unicità di entrambi i suoni. Andy Warhol, l’artista Pop più discusso ma riconosciuto internazionalmente, produceva incisioni con i Velvet Underground, per i quali, come più tardi anche per i Rolling Stones, creò le copertine dei dischi. Inoltre disegnava scatole di pelati del supermercato proponendole come arte, noncurante del raccapriccio che provocava tra chi restava fedele alla cultura tradizionale. Buio, io fumo, musica bassa in camera mia. Di là, mia madre che guarda La dolce vita di Federico Fellini, che racconta con ironia e disincanto il boom economico dei miei anni. Mia madre, come tutti, va pazza per questa pellicola, un cult è diventato. Anche se sono giorni che è ancora angosciata, mia madre, dalla morte dell’anno. Credo che la morte di topolino, mio mito, facesse meno male. Sì non è la morte della donna ma la causa di essa. Per mia madre Marlin Monroe era un esempio di donna. Lei come mia zia, mia cugina, la sorella del mio migliore amico e come Lei erano tutte figlie di quella vittima mediatica scelta dall’obbiettivo sociale. Fu trovata morta il 4 agosto del 1962,a Los Angeles, all’età di trentasei anni a causa di un’overdose di barbiturici. Con la sua morte però cedette il posto a un’altra grande Bionda icona. Nata pochi anni prima, il 9 marzo 1959: Barbie. Apparentemente a scopo unico di Lucro ma per il creatore fu un messaggio alle donne badanti degli anni precedenti. Il personaggio di Barbie è stato poi sfruttato per promuovere l’uguaglianza dei sessi, nel desiderio di dimostrare alle future donne che possono intraprendere qualsiasi carriera. Periodo in cui ancora l’uomo fu imbambolato dalla fantasia erotica dei primi scatti di nudo femminile, nuovo hobby della mia epoca. Intanto che la moglie in minigonna sola imparava a vagare con la sua fantasia. Tanto da immaginarsi l’innamorata amante di grandi attori o cantanti. L’uomo più discusso, oggi, è Bob Dylan, giovane cantautore folk. Reinventa il genere rock, distanziandosi dal Rock’n roll di prima, creando il “rock moderno”. Molti i cantanti diventarono piano piano figli della sua musica. Ispirati, così, da lui: Beatles, The Rolling Stones, Bruce Springsteen, Don Mclean e Neil Young. Ecco sempre più italiani scendevano nelle piazze per manifestare i loro ideali politici ed esprimere il proprio dissenso. Infatti se prima proprio le piazze diventavano teatro e simbolo delle grandi contestazioni giovanili oggi nel 2012 sono diventate luoghi comuni di inutili aperitivi, in sottofondo: “ ….Blowin’ in the Wind” Bob Dylan.
Crico