IL RISULTATO E` 3

Il mio numero preferito è il 3. Non so perché ho sempre pensato che fosse il mio numero perfetto. Non mi interessa di quei folli che sul tre ci hanno sprecato la vita. Quello è il lavoro dei matematici geni, il lavoro che la vita a me ha assegnato è quello di vivere secondo la mia mente, il mio cuore e soprattutto seguire il mio Io. Ecco di nuovo il numero 3 pronto a descrivermi. Io, nella mia cameretta, che condivido con me stesso, mio fratello gemello. Eccomi appena ritornato a casa. Sono felice perché ho vissuto vivendo ogni momento e ogni scalino che salivo per arrivare alla porta della mia infanzia ricordavo ogni attimo che ho percorso su quel gradino. Le mille volte che ho calpestato il mio scalino. Le volte in cui ho riso, finto, pianto, scherzato ubriaco di desiderio. Ero io, e le mie mille vite vissute come da copione e ogni volta che io lo ripercorrevo, lui era sempre lo stesso e lo sapevo, io cambiavo però. Lucido, pulito freddo come il marmo,appunto. Entro. La mia valigia sul letto, deve esserci anche una canzone a raccontare questo momento che sto vivendo. L’entusiasmo dell’arrivo ma la consapevolezza del ripartire. Intanto penso a sostare. Eccomi giunto alla fine di un viaggio passato e ogni gancio della cerniera che avanzo è un centimetro in più che la mia mente si allarga di ricordi. Sono partito con la consapevolezza di voler trovare me stesso e il mio stile. Poi, ricordo quando mi lanciai senza salvagente nella nave più discussa del pianeta. Posto in cui io venivo osservato dai gesti che l’epoca imponeva. Anni in cui dovevo scegliere attentamente la mia Lei perché aveva il compito di rappresentarmi. Offuscato, già, dai ricordi, nella valigia, mi accorgo qualcosa di rotto. Allungo le mani, lo vedo. “Ancora Rum, please!”. Ubriaco mi rivolgo a Lei, stessa Donna scelta da Manet per rappresentare l’epoca del divertimento mostrando un locale emblema dove il lusso e la fortuna vivevano in Suite, insieme. Ricordo a memoria la scena quando tutti guardavano la favolosa Dea; io come da souvenir mi rubai quel famoso portacenere che aveva reso celebre il locale. Eh sì l’epoca di Chanel. Tra le mani i pezzi di quell’epoca, rido e nella mia mente, come un fulmine in quella scena, quella lotta in treno con me stesso e il dolce rumore del tacco anni ’50. Sì è questo il bello di un viaggio che quando torni a casa tutto ti sembra essere stato bello e quei momenti di solitudine, pianto, di ansia capisci che in realtà erano tutti maestri di vita. Ho imparato molte cose, la resa dei conti alla fine si trova. Gli errori si contano per prima secondo me. Prima il dovere e poi il piacere, regola di mio padre. Affrontare i doveri, le proprie responsabilità significa crescere e lavorare. A mano se serve ma lavorare con se stessi. Il piacere poi ti droga di energia e tutto diventa bello e rosa come l’odore fantastico che lasciano i bei film. Come i cartoni e come la pelle pura della favolosa figlia di Marlyn Moonroe la Barbie. Mi guardo allo specchio, la stessa pelle rosea,pallida. Il mio caro amico invisibile che solo da bambini vediamo e sfruttiamo ora riflette ancora un altro me. Lui che mi ha visto cambiare,in peggio poi in meglio e poi ancora in tutto quel che sono. Oddio mi gira la testa troppi cambi di maschera, troppi me che in continuazione cambiano senza preavviso, a volte. Per un attivo ho rivissuto quel momento allucinato da azioni non caste. Ricordo di essere stato strano quella notte della mente colorata degli anni ’70. La stanza girava, la musica cantava, il mio corpo si muove ancora, le mie mani in aria, la mente era stata curata da ogni male. I miei dubbi diventarono la mia forza e i miei attributi la mia mente. Quante maschere, quante persone incontrate per strada, quanti sono stati gli “Io” detti per farmi conoscere in fretta. È così quando viaggi non c’è posto per te, puoi solo osservare tutto, vedere che quello che cerchi e che desideri esiste, ma sai che non è quello il tuo momento giusto di godere. Quando viaggi è il momento di imparare, guardare e poi insegnare. Ora rifletto, mi siedo sul letto del passato, il mio. Anche durante un viaggio arriva il momento di sostare di capire. Valuti, così, le mete conquistate, guardi le perse e speri nelle nuove. StilisticaMente è stata proprio la mia sosta durante quella clessidra rovesciata. Sì, dai spazio alla mente. Fatti i conti, poi, e superata la notte il giorno dopo senti il sole che ti grida il benvenuto augurandoti un nuovo risveglio fatto di partenza. Credo che ad ogni nascere del giorno ci spetta un risveglio sempre più costruttivo. Ricordo quello scomodo sulla panchina col vecchio amico Stile innamorato follemente di Madonna che stile. Si questo è il momento giusto per dare una colonna sonora ai miei pensieri, mi ascolto una canzone. Accendo il computer, internet collegato. Scrivo youtube, da lì la mia playlist. Ecco deciso. Scelgo la magica atmosfera del campo che io stesso ho immaginato e dipinto. La Primavera di Ludovico Einaudi. Ed eccolo lì ancora sul podio della mia mente c’è il passato, la mia infanzia i miei veri anni visti attraverso la lente colorata della mia creatività. Metto le mani nella mia valigia e capisco che quando la svuoti non conta il maglione sporco da lavare ma il magico profumo fatto di quel momento vissuto in attimi diversi che resterà indelebile nella tua mente. Sono di nuovo io nella mia casa. La mia mente ha ordinato in appositi cassetti tutte le mie maschere. Ora quello che mi rimane da fare è sedermi, posizionare le mani sul tavolo verde. Smoking nero, camicia bianca, anello al dito e un dado tra le mani. Vivo giocando, sfidando, perdendo e vincendo, ma gioco. Le occasioni mi suggeriscono il turno. Io decido. Sono sicuro nelle mie mani sempre lo stesso numero. Ho puntato e lancio. Mentre il dado rotola sul tavolo penso a ciò che sono ora. Si ferma e il risultato è sempre 3. Io, crico e me stesso.

Crico

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