Tutti conosciamo, attraverso la televisione e i giornali, la terribile e cruenta pratica dell’infibulazione, i rischi e le atroci conseguenze che comporta per le giovanissime ragazze e le donne che sono costrette a sottoporvisi.
Nel 2012 L’Onu ha condannato questa barbarie che non viene compiuta solo in Africa, ma anche in Europa.
Perfino in Italia, benché vietata, l’infibulazione è una consuetudine nascosta, sotterranea imposta, si stima, a circa quarantamila ragazze straniere.
Negli ultimi giorni, poi, questo agghiacciante fenomeno è tornata alla ribalta sui media a causa di una notizia rimbalzata da una parte all’altra del mondo: Abu Bakr al-Baghdadi, capo dei jihadisti dell’Isis e autonominatosi Califfo, avrebbe emanato un decreto nel quale si rendeva obbligatoria la pratica dell’infibulazione per tutte le donne residenti nelle zone dello Stato islamico che si estende da Aleppo (Siria a Mosul (Iraq).
I giornali e le Agenzie stampa più importanti del mondo, però, non hanno preso subito per vera la notizia, preferendo approfondire e analizzare il testo che già a prima vista sembrava piuttosto ambiguo.
Non convinceva la “titolatura” incompleta di al-Baghdadi, in quanto questi non veniva menzionato con il nome di battesimo e l’ascendenza familiare e tribale, la data incongruente con l’autoproclamazione dello Stato islamico (il documento risale al 21 luglio), il marchio sul decreto che per gli esperti è falso, come inventate sono le fonti citate che riportano alcuni detti del Profeta Maometto.
Vari errori, dunque, che hanno fatto pensare subito a una “bufala” circolata e forse nata proprio in rete. Il mistero non è stato del tutto chiarito, anche se pare proprio si tratti di una notizia falsa.
Questo deve farci riflettere; se il documento è da ritenersi non veritiero senza ombra di dubbio, potrebbe essere stato creato per paura del “diverso”, potrebbe rappresentare una sorta di reazione alla situazione difficile e incontrollabile che esiste nel Vicino e Medio Oriente?
E’ possibile, ma ciò non giustifica certo la pratica dell’infibulazione, né può “tranquillizzarci” nei riguardi della pratica di infibulazione.
Le notizie vanno verificate e pubblicate solo quando esiste la certezza dei fatti; in caso contrario si rischia di innescare comportamenti a catena inutili quando non dannosi. Lo sanno bene i media e, infatti, quasi tutti hanno mostrato una certa cautela.
Di contro, però, esiste una reale emergenza che non accenna ad affievolirsi. I numeri che rappresentano le donne e le bambine sottoposte a mutilazioni genitali parlano chiaro: nove donne su dieci in Africa, più di cinquecentomila in Europa (dati riportati dal quotidiano La Stampa).
Non possiamo nemmeno essere sicuri che non esistano, in nessun tempo e in nessun luogo, uomini capaci di redigere e attuare un documento simile a quello di al-Baghdadi. Anche stavolta, quindi, è evidente il rovescio della medaglia: da una parte la paura, o l’odio (o chissà cos’altro, la questione andrebbe approfondita anche da questo punto di vista per evitare generalizzazioni) che possono portare all’invenzione o all’esagerazione (ciò è vero in molti casi, non solo in questo), benché, lo ricordo ancora una volta, le informazioni e le fonti debbano sempre essere verificate senza lasciare spazio a dubbi; dall’altra parte il timore che qualcosa di pericoloso possa accadere, sulla base di una condizione, quella presentata dalle stime e dalle leggi, che mostra quanto la pratica dell’infibulazione resti ancorata alla tradizione di molti Paesi.
La realtà e la possibilità, la verità e le bugie, i dibattiti e i giudizi. Dov’è il confine? Esiste, ma è molto sottile e spetta solo al nostro buon senso trovarlo, senza illusioni, senza timori e con molta lungimiranza.
Francesca Rossi