La paura e i pericoli generati dalla piaga del terrorismo si sono acuiti dal tragico 11 settembre. Il terrore ha una storia molto più lunga e composita, la sua matrice non è, ovviamente, solo islamica, ma negli ultimi anni quest’ultima ha dato forma ai nostri incubi peggiori.
L’instabilità mediorientale e tutte le conseguenze che comporta per quel che concerne il petrolio e l’immigrazione, la caccia ai capi delle principali organizzazioni (al-Qaeda su tutti), i vuoti di potere venutisi a creare dopo la primavera araba e la caduta di cruenti regimi decennali (pensiamo alla Libia, che ancora si trova nel più totale caos o all’Egitto) hanno favorito la propagazione e lo sviluppo del terrore e di ideologie sempre più estreme, in grado di esasperare e persino sovvertire i dettami della religione islamica.
Parlo di uomini esaltati, ma forse definirli folli nel senso comune del termine non è del tutto corretto; questi terroristi non sono solo animati dalla sete di potere e di rivalsa su un Occidente che considerano corrotto e dal disprezzo o dall’odio nei confronti di chi è considerato diverso (parliamo di religione). La loro “lucida follia” se mi si passa l’espressione non finisce qui (e di per sé è già gravissimo così), ma continua nell’organizzazione di un vero e proprio califfato da parte dell’Isis (a tal proposito vi consiglio di leggervi la vera storia e la definizione di questa parola, non solo per avere le idee più chiare, ma anche per capire che esistono delle differenze non trascurabili tra ciò che propugnano i terroristi oggi e ciò che effettivamente rappresentava il Califfato).
La violenza, la sopraffazione e la conversione forzata non sono elementi appartenenti alla religione islamica in quanto messaggio divino rivolto agli uomini. Altra cosa è parlare della Storia dei musulmani.
E’ innegabile che questa sia stata costellata da guerre di conquista, tentativi di conversione più o meno “morbidi” (anche qui bisogna fare le dovute distinzioni in base alle epoche storiche di riferimento) e una contrapposizione Oriente/Occidente che si è esplicata in una sorta di rapporto amore/odio.
Il problema, però, è riuscire a capire che l’Isis e tutte le organizzazioni terroristiche e criminali di questo tipo non rappresentano la maggior parte dei musulmani e di certo non l’Islam. Altro guaio grosso è l’instabilità di alcune aree a cui accennavo prima, accompagnata dalla corruzione dilagante; i jihadisti ricevono aiuti e finanziamenti e su questo punto i ruoli di alcuni governi arabi (come l’Arabia Saudita) sono piuttosto ambigui. Non possiamo dimenticare, poi, i sequestri e il traffico di droga che garantiscono ingenti entrate.
Dall’altra parte ci sono gli Stati Uniti e le loro mosse molto caute (prudenza o riluttanza? Su questo si discute). Di fatto la diplomazia internazionale si muove su un terreno scivoloso e le decisioni non possono essere improvvisate.
Combattere l’Isis vuol dire muoversi su un piano ufficiale e uno più “sotterraneo” (non è certo la prima volta) e alterare un equilibrio già compromesso, per cui è importante che vengano studiati tutti i possibili scenari. L’Isis vuole formare un vero e proprio Stato il cui unico baluardo è il terrore, la violenza cieca e la miopia intellettuale e religiosa. L’organizzazione non è ancora del tutto solida e qui entra in gioco un altro elemento importante: il reclutamento di nuove forze non solo negli ambienti arabi e islamici, ma anche in Occidente, come ci riporta la cronaca di questi giorni.
Tale reclutamento può avvenire sulla rete, attraverso luoghi d’incontro ben definiti e non è troppo difficile se si riesce a far leva su alcuni sentimenti, su debolezze o desideri di rivalsa solo sopiti. Non solo: sappiamo che molti terroristi si formano in Occidente (o sono europei o americani), dunque hanno una doppia conoscenza di entrambi i mondi, quello occidentale, appunto e quello islamico (benché riguardo quest’ultimo non possiamo parlare di nozioni imparziali o non manipolate per altri scopi). Dunque l’Isis è una minaccia politica, ma anche culturale: i rapimenti di donne di religione yazidi, gli stupri e le vendite come schiavi sono una prova di quanto finora detto. E’ necessario riuscire a sconfiggere questa minaccia, benché non sia affatto facile. Non si tratta di “esportare democrazia” e tutto ciò di cui questa espressione, negli anni, nel bene e nel male, si è caricata.
Si tratta di intervenire per arginare una situazione di caos che rischia di esplodere e in cui donne e bambini saranno (sono già) le prime vittime.
Francesca Rossi
- Isis acronimo inglese di Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, uno Stato non riconosciuto.