Qualcuno si chiede il perché della Mostra Serial classic, aperta nella nuova sede milanese della Fondazione Prada in Largo Isarco fino al 24 agosto 2015. Le settanta sculture romane lì esposte, provenienti da vari paesi europei, sarebbero semplici copie col solo merito di aver fissato nel nostro immaginario le forme di capolavori greci classici perduti. Evidentemente c’è chi rimane legato all’idea che in arte vale soltanto l’originale, e che ogni sua rilettura non può essere che una copia secondaria, se non addirittura un falso. Fa bene quindi la Rassegna, magistralmente curata da Salvatore Settis, a ricondurre l’attenzione su una questione che dovrebbe essere ormai risolta e invece non lo è, quella di non continuare più ad associare l’idea di valore all’idea di unicità, come peraltro insegnano gli studi recenti e l’impegno di tanti artisti a confrontarsi con opere del passato per produrre capolavori nuovi.
Non esitavano a farlo già gli artisti greci, privi com’erano del timore pregiudiziale di produrre qualcosa di secondario mentre replicavano un capolavoro, e più tardi quelli romani. Quando non potevano accaparrarsi gli originali greci, i grandi proprietari di ville romane mandavano artisti rilevanti nel mondo ellenistico a copiare – direi meglio a reinterpretare – sculture, pitture, mosaici, per arricchire le proprie dimore con le novità che essi avrebbero prodotto. Perché dunque continuare oggi a pensare che l’originale contiene una perfezione incapace di produrre valori nuovi, se nel quinto secolo avanti Cristo Platone aveva immaginato in un mondo superiore, l’iperuranio, l’esistenza di idee perfette proprio perché capaci di generare noi e gli altri esseri secondari del mondo terreno?
Sbaglia chi sminuisce l’aspetto scientifico della Mostra milanese, così come ha sbagliato il nostro sud quando, forse per avere ospitato il grande pensatore ateniese, ne tradusse il concetto nel popolarissimo detto copia copiassa, l’esame non si passa: con le copie, se son copie d’autore s’intende, l’esame si passa eccome. O meglio si inventa il futuro. Per questo, già ai tempi di Platone c’era chi pensava che anche qui sulla terra può esserci qualcosa di primario, per esempio un’opera uscita dalle mani di un grande artista, un originale disceso come per miracolo dall’iperuranio nel mondo terreno per generare arte e pensiero a sua volta. E c’era chi si chiedeva: se è proprio l’autore in persona a fare due o più opere identiche, vale a dire una serie di opere uguali per quanti sono i suoi committenti, non avrà forse prodotto una serie di copie….originali?
Un caso del genere è suggerito appunto dalla Mostra in corso nella Fondazione Prada. Nel V sec. a.C. una statua di ignoto autore greco fu donata al Re di Persia. Raffigurava Penelope, la incorruttibile sposa di Ulisse. Venne esposta a Persepoli nel palazzo imperiale. Poi, nel 331 a.C., Alessandro Magno invase la Persia, distrusse la città e la statua finì sotto le macerie. Senonché nel 1945 è stata ritrovata, e gli archeologi si sono accorti che era identica ad alcune copie romane eseguite quando la statua si trovava… sepolta sotto le rovine di Persepoli! Un assurdo che provava che lo stesso autore greco del V sec. a.C. aveva eseguito due o più statue di Penelope, quella donata al Re di Persia rimasta tra le rovine di Persepoli e altre statue ad essa uguali, che vennero poi copiate da artisti romani mandati in Grecia. L’ignoto scultore greco antico era stato insomma un autore seriale.
I criteri espositivi della Rassegna, spartana ed elegante, invitano il visitatore ad intrufolarsi tra i gruppi di statue romane per un dialogo ravvicinato, magari sedendosi sui loro stessi piani d’appoggio per interrogarne le mille e mille varianti di elementi, movenze, marmi e colori, in uno scenario di tranquillità e bellezza dove i fantasmi di capolavori del passato tornano alla mente per aver dato vita a tante loro reinterpretazioni, diverse l’una dall’altra per quanti sono stati gli artisti che nei secoli le hanno ammirate.La visita a una Mostra del genere non può limitarsi a una banale riflessione sul primato tra originale e copia, ma deve far riflettere sull’ispirazione artistica, sulla follia e sul divino insiti nell’uomo, sul mistero per cui l’arte può stimolare anche chi la ignora o non la ama. E, a proposito di arte e di amore, ricorderei al visitatore scettico che l’oratore greco Lisia sosteneva che in amore sarebbe più opportuno concedere i propri favori a chi non è innamorato piuttosto che a chi lo è!
Elio Galasso