Prima di parlare di strategie, devo fare una premessa: a me è sempre piaciuto vincere, qualsiasi gioco facessi o qualsiasi attività di mio interesse svolgessi ho sempre sentito un grande piacere nel provare questa sensazione. Nel corso del tempo questo bisogno di primeggiare è rimasto inalterato anche se diverse cose sono cambiate.
Quando ero bambino consideravo la vittoria come qualcosa che mi facesse sentire migliore degli altri; crescendo e diventando uomo non consideravo la vittoria in modo competitivo, attraverso una certa formazione avevo capito di non aver bisogno di primeggiare per sentirmi una persona di valore.
Il valore di un individuo, infatti, non può in nessun modo dipendere solo dai risultati che si consegue. Questo modo di pensare ci rende schiavi del mondo e non liberi, ci porta ad essere dipendenti dalle opinioni altrui, ci fa diventare delle vittime. Sì proprio così. Tutte le volte che si adotta questa forma mentis perdiamo il nostro potenziale: ogni individuo è unico e unici sono i suoi talenti, in nessun modo quello che facciamo può renderci migliore o peggiore di quello che siamo.
I risultati che conseguiamo possono renderci felice e questo è sicuramente vero, ma niente può farci sentire un individuo migliore se non noi stessi. Quando invece la nostra vita viene condizionata da ciò che realizziamo possiamo considerarci a tutti gli effetti delle vittime perché i nostri stati d’animo dipenderanno proprio da quest’ultimi.
Quando viviamo in funzione dei risultati finiamo per sentirci bene se li conseguiamo e stare male se viceversa non riusciamo ad ottenere quello che ci siamo prefissati; questo perché abbiamo messo loro al primo posto e non noi. Bisogna ricordare che gli obiettivi nella vita sono importanti, essi infatti possono motivarci a far uscire il meglio di noi e, grazie a loro, noi tracciamo la strada da percorrere ma allo stesso tempo è fondamentale non trascurare un particolare altrettanto importante: noi siamo più grandi dei nostri risultati.
Ora, però voglio che mi seguiate nel ragionamento. Per me la vittoria rimane fondamentale come quando ero bambino e questo in un primo momento potrebbe risultate contradditorio con quanto detto sopra, ma cerco di essere più chiaro.
Quando parlo di vittoria, mi riferisco all’impegno e al sacrificio che normalmente c’è dietro al raggiungimento di un risultato. La vittoria, o meglio vincere, per me è gratificante perché quello che, per me, ha valore è l’impegno e la disciplina che una persona mette in quello che fa.
Quello che ho compreso oggi è che il talento è qualcosa che tutti noi abbiamo, chi di più e chi di meno ovviamente, il più delle volte non si conoscono i propri talenti semplicemente perché non ci si conosce ma tutti e dico tutti possediamo talenti.
La differenza, per me, è che le sole capacità… le doti non bastano per raggiungere l’eccellenza che molto spesso fa rima con vittoria. Il talento da solo ti fa arrivare fino ad un certo punto e, anche se ti consente di raggiungere altissimi livelli, se non è accompagnato da una forza di volontà e dall’impegno, ad un certo punto i livelli raggiunti inizieranno ad abbassarsi per il semplice fatto che da soli i propri punti di forza non bastano.
Tutti coloro che hanno raggiunto i maggiori livelli di prestazione per lungo periodo non hanno utilizzato solo le loro capacità ma hanno posto nella disciplina e nel duro lavoro il segreto del loro successo. Steve Jobs, Honda, Roger Federer e Ronaldo, Mozart, Michael Jordan e LeBron James sono alcuni esempi in settori diversi in cui oltre al talento il segreto delle loro performance dipendeva molto dal grande quantitativo di tempo che passavano sul lavoro.
La vittoria quindi intesa come maggiore applicazione è un principio nobilissimo che tutti debbono aspirare a conseguire, non sono favorevole all’idea che conta partecipare, questo implica che la sola presenza possa già di per sé essere importante ma inconsciamente ha il solo scopo di limitare l’individuo.
La nobiltà non sta nel partecipare agli eventi, alle competizioni, alla vita stessa, la cosa veramente importante sta nel non abbattersi, nel trovare la forza di alzarsi quando si cade, nell’ accettare la sconfitta come input per fare meglio ma non come scusa per lasciarsi andare o puntare il dito verso il mondo esterno accusandolo dei propri insuccessi. Non ha importanza essere migliori, ha importanza comprendere che la vittoria è qualcosa che si costruisce, che nasce da particolari azioni che ogni individuo può fare.
Si vince in famiglia quando ci impegniamo per mantenere l’armonia e il rispetto fra tutti i componenti, vinciamo sul lavoro quando impariamo a fornire un servizio alla comunità, vinciamo nello sport quando si punta all’eccellenza attraverso un continuo impegno mentale e fisico, vinciamo nella vita quando continuiamo ad essere curiosi e a sorprenderci fino a quando avremo la possibilità di farlo. La vittoria proprio per questo motivo per me è l’unica cosa che conta perché è l’elemento che ci rende veramente vivi. (articolo di Carmine Caso, naturopata ad indirizzo psicosomatico e personal coach)