Con la mega Mostra Velázquez inaugurata da qualche settimana, questa volta il Louvre l’ha fatta proprio grossa. Una telefonata da Parigi, arrivata a metà marzo a Napoli prima del vernissage, già consigliava di… non andarci! A Rassegna aperta, vediamo che viene consentito soltanto un rapido transito davanti alle opere. Chi vorrà prenotarsi è avvertito. Succede ormai in troppe mostre di gran richiamo, nella presunzione che al pubblico possa bastare, ma chiederei il parere dei lettori. Del resto, chi studia la dimensione culturƒale del grande Maestro sivigliano non va certamente a farlo in una mostra, fosse anche una occasione unica come questa di trovarne riuniti tutti in una volta ben cinquantaquattro capolavori. Giustifico perciò Guillaume Kientz, responsabile al Louvre per la pittura spagnola e sudamericana, per aver fatto subito sapere che neppure agli specialisti saranno consentiti momenti di approfondimento.
Il Louvre potrà così massimizzare gli incassi e il suo staff operativo godersi l’esclusiva di un panorama d’arte mai visto da nessuno. Ma la domanda è: se non lo si apre soprattutto alla ricerca culturale più qualificata, perché sottoporre un patrimonio così imponente ai rischi imprevedibili di imballaggi, spostamenti e trasporti, di immersione improvvisa in ambienti affollati, e di… attentati? Non è forse per un successo finanziario urgente che la Rassegna ha aperto i battenti mentre sta ancora aspettando le ultime opere ottenute in prestito, tra cui La cena in Emmaus in arrivo dalla National Gallery di Dublino?
La folla, troppa per adesso, diventerà un fiume in piena man mano che incomberà la chiusura del 13 luglio 2015. L’enormità dell’impresa non l’avevano prevista neppure gli organizzatori, tant’è che dopo avere adattata per l’allestimento la hall napoleonica del Louvre, hanno dovuto poi articolare l’esposizione nei più vasti spazi del Grand Palais ai Champs-Elysées con l’ausilio di museologi internazionali.
Intanto, nel dubbio eterno che sia in declino la stagione dei grandi eventi nei musei, lo studio preparatorio che costituisce la ragione fondante della Mostra parigina è reso disponibile. Il Catalogo dà conto di rilevanti acquisizioni scientifiche scaturite dall’idea di porre per la prima volta a diretto confronto dipinti di Velázquez, sparsi in collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, e tantissimi lavori poco noti di artisti e discepoli interrelati con la sua opera, come Francisco Pacheco di cui Velázquez aveva sposato la figlia, Juan Carreño de Miranda, Juan Bautista Martinez del Mazo, e molti altri. Un’impresa da non credere e una vera sorpresa per chi si avventurasse a seguire l’itinerario lungo il quale il grande Maestro spagnolo si avviò affascinato sulle tracce del Caravaggio.
Sta qui, a mio avviso, il punto di forza della mega Mostra parigina, che non si limita ad una indagine critica aggiornata della sequenza operativa di quel grandissimo artista noto soprattutto come pittore di corte, ma apre scorci sulla vita quotidiana da lui indagata in opposizione a quella simboleggiata dal celeberrimo Las meninas, puntualmente non concesso in prestito dal Museo del Prado di Madrid. Al visitatore che andrà a Parigi armato di stoicismo e allenato alla massima rapidità di osservazione suggerirei quindi di far caso alle scene d’ambiente popolare, soprattutto agli atteggiamenti e ai gesti più veri (ne propongo qui una minima selezione) che svelano un Velázquez piuttosto inedito, in giro fra vicoli e taverne a ricavare istantanee di gente qualunque, vero e proprio ‘paparazzo’ del Seicento senza fotocamera.
ELIO GALASSO