Sud Italia era e Sud Italia è. La Questione Meridionale ritorna a far discutere, dopo un silenzio imbarazzante, perché qui a Mezzogiorno le cose non sono mai cambiate, nonostante diversi esempi di virtuosismo aziendale, con imprese (non poche) che sono riuscite a esportare i loro prodotti in Europa e nel resto d’Italia. Il Mezzogiorno produce ma il prezzo da pagare, per chi fa impresa, è troppo alto. La causa non è da ricercarsi solo nella burocrazia macchinosa, che affligge anche il resto del Paese, e nelle condizioni di credito imposte dalle Banche, per nulla egualitarie, bensì nelle vie di comunicazione. Il Sud è collegato con Roma, e quindi con il Nord, ma non con se stesso, purtroppo. Un male che ci affligge da secoli. Basta guardare una cartina stradale dell’Italia per rendersi conto del divario che c’è tra Nord e Sud per quanto concerne le grandi arterie stradali. Progetti e promesse in abbondanza che troppo spesso si fermano sulla carta senza prendere forma, poi, nel mondo delle cose concrete. Sulla Questione Meridionale, sulle promesse non mantenute, sui buoni propositi e soprattutto sulla Scuola del Sud, noi di Cultura & Culture abbiamo scritto tante volte ma oggi non me la sento più di spronare solo i miei conterranei all’attivismo. Ho sempre pensato che ciascuno dovesse, nella vita pubblica e privata, assumersi le responsabilità dei risultati conseguiti. Oggi so per esperienza diretta che questo discorso è importante, tuttavia ci sono altri fattori da prendere in considerazione; per esempio chi vuole fare impresa a Sud trova tante difficoltà, sentendosi spesso come un moderno Don Chisciotte in lotta contro i mulini a vento per i propri diritti: strade migliori, una burocrazia più snella, un accesso al credito più immediato e opportunità di un confronto culturale tra le varie regioni del Mezzogiorno. L’isolamento, che attanaglia le zone interne – cioè le cosiddette Terre dell’Osso -, smorzato per fortuna da Internet, porta le persone a sentirsi sempre più sole e senza via d’uscita perché l’uomo ha bisogno di contatti per sopravvivere e per sentirsi stimolato a fare meglio. Un ambiente fattivo e ricco di stimoli si crea solo con il confronto e con quella che io definisco alleanza di cervelli, che può avvenire soltanto se abbiamo la possibilità di allargare i nostri orizzonti oltre l’orticello di casa, quindi frequentando luoghi e persone che abbiano i nostri stessi interessi; altrimenti siamo destinati a “morire” un po’ per volta intellettualmente. E come può avvenire questo confronto se si riesce ad arrivare con facilità a Roma o a Milano, partendo da Avellino (in auto o in pullman ovviamente), mentre abbiamo difficoltà a raggiungere la punta o il tacco dello stivale e spesso anche città di regioni più vicine? In questi giorni si è scritto e parlato molto di Questione Meridionale. Il Rapporto Svimez 2014 ha riacceso i riflettori su questa problematica che interessa tutto il Paese. Certo, i soldi (si parla di diversi miliardi) che saranno stanziati per le opere pubbliche dovranno essere ben spesi altrimenti si rischia di fare un altro buco nell’acqua. Il Sud deve dialogare con se stesso in modo costruttivo e fattivo, oltre che con il resto del Paese, senza rinnegare la propria storia e le proprie tradizioni, anzi facendo leva su queste ultime per esprimersi al meglio. L’unità nazionale si conserva e si rafforza ottimizzando le specificità locali. Negli anni Ottanta lo Stato ha attuato sul Mezzogiorno una politica d’industrializzazione forzata deleteria sperperando così le risorse economiche. Imitare gli altri è nocivo; un vero piano di obiettivi a medio e a lungo termine deve prevedere soprattutto un’attenzione alle peculiarità e alle attitudini regionali affinché ogni cittadino, sentendo proprio quel progetto di sviluppo, riesca finalmente ad attuarlo come singolo nel suo territorio. Partire da questi concetti è fondamentale se si vuole risolvere definitivamente La Questione Meridionale che di tanto in tanto torna di Moda per poi piombare nell’oblio…
Maria Ianniciello