E’ un pomeriggio afoso di agosto, il cielo è nuvoloso e c’è voglia di fresco e di nuovo. Saltiamo in macchina e ci mettiamo in viaggio nell’entroterra lucano alla scoperta di un luogo che possa catturare l’attenzione e lo spirito. Proseguendo in direzione Lagonegro Sud, a 28 km da Maratea, sull’autostrada del Sole SA/RC SS 19, notiamo un cartello che ci indica la presenza di un lago. Il lago in questione è il Sirino, imbocchiamo quindi la strada per raggiungere il posto ed è tutto un susseguirsi di alberi e curatissime villette immerse nel verde. Un simpatico gregge di pecore incrocia il nostro passaggio e, man mano che saliamo in direzione del lago, cresce la nostra aspettativa. Giunti sul posto restiamo affascinanti dalla bellezza incontaminata di questo gioiello incastonati tra i colli: freschi ed ombrosi alberi come ontani, pioppi secolari, olmi, pini ed una variegata vegetazione lacustre, comprensiva di splendide ninfee in fiore, adornano il lago, facendogli da cornice perfetta. Le trasparenti acque sono popolate da tanti animali acquatici come trote fario ed iridee, carpe, anfibi, oche, papere, cigni.
Un’antica leggenda popolare narra che un contadino trebbiava il grano nel giorno della festa della Madonna del Sirino, e fu, per questo, fatto sprofondare coi suoi buoi nelle viscere della terra. Da questo episodio nacque il piccolo guscio d’acqua. Per la scienza, invece, il Sirino è un tipico lago di sbarramento adagiato in una dolina e alle falde della vetta omonima, sugli 800 mt di altitudine, situato nel comune di Nemoli. Il lago è alimentato da sorgenti perenni situati a poche decine di metri di distanza e che si possono vedere seguendo un incantevole sentiero percorribile a piedi per un’escursione in grado di riempire gli occhi ed il cuore. Davvero suggestiva è, infatti, l’immagine delle sorgenti dislocate in un piccolo angolo di foresta: acqua ghiacciata, alberi altissimi ed assoluto silenzio sono ancora delle cose che possono sorprendere l’animo di un cittadino sedentario. La bellezza di questo posto è sicuramente anche il risultato della quotidiana ed infaticabile attività di tutela di tutto il territorio e della biodiversità, la qualità dei prodotti tipici e la tenace custodia delle tradizioni, dei sapori e dei saperi di un luogo che appartiene, a tutti gli effetti, al patrimonio storico-culturale dell’umanità.
La vallata circostante pullula di antichi e suggestivi borghi medievali, il più vicino è Rivello, a 9 km dal lago, il paese è appollaiato su tre colli, a 513 m d’altitudine, e si protende verso la valle in cui scorre il fiume Noce. Le origini della città si fanno risalire all’alto medioevo; tuttavia, i numerosi reperti archeologici fanno supporre che Rivello sia l’erede della città lucana – esistente già dal periodo preromano – di ‘Sirinos‘. Il suo primo nucleo abitativo sembra sia stato fondato, infatti, da profughi di Velia o di Blanda Julia attorno al V-VI sec. a.C. Nell’ VIII sec. d.C. Rivello fu abitato contemporaneamente da due diverse popolazioni, i Longobardi e i Bizantini. I Longobardi si stabilirono nella parte alta dove, poi, sorse la cripta della chiesa di San Nicola, mentre i Bizantini si insediarono nella parte inferiore dell’abitato. Fu feudo dei Sanseverino di Capaccio, dei Marchesi di Padula, dei Principi di Monteleone, dei Ravaschiero e dei Principi di Belmonte, dai quali i rivellesi si riscattarono passando al Regio Demanio. Il monumento di maggior pregio del paese il convento di Sant’Antonio, posto nella parte bassa dell’abitato. Edificato a partire dal 1512, il convento conserva, sotto le arcate antistanti la chiesa, affreschi di Girolamo Todisco del XVI secolo come la “Crocifissione dei Martiri Francescani del Giappone”. Giusto il tempo di un gustoso assaggio degli speciali salumi locali ed è già tempo di tornare a casa, non senza la ripromessa di tornare quanto prima in quest’oasi di pace.
Raffaella Sbrescia