Nel cuore della cittadina norvegese di Rjukan, un’ottantina di chilometri da Oslo, c’è una statua del fondatore dello stesso borgo, un ingegnere e noto industriale con baffi sottili, una mano in tasca e una che tiene stretto un progetto arrotolato. L’uomo, tale Sam Eyde, si erge nella piazza del mercato e da lì guarda verso Nord, verso quei monti che circondano la sua città e che per sei mesi l’anno impediscono ai raggi solari di filtrare. Una statua, questa, che tiene vivo il ricordo di un giovane di spiccata intelligenza e che nei primi anni del secolo scorso è riuscito a trasformare una stretta valle in un polo innovativo: quei 100 metri della vicina cascata Rjukenfossen hanno infatti dato impulso alla più grande centrale elettrica di inizio Novecento. Ma c’era ancora una cosa che Sam Eyde avrebbe voluto fare: una cittadina che per la metà dell’anno vive con poca, anzi quasi nessuna luce può compromettere la qualità di vita dei suoi abitanti. Una riflessione, quella dell’ingegnere novecentesco, che non ha mai smesso di evolversi, tanto che oggi, dopo precisamente un secolo, la tecnologia è riuscita a creare la luce che serve a Rjukan.
Tre grandi specchi posizionati a 450 metri d’altezza riflettono da un paio di settimane i raggi del sole verso la valle, dandole una nuova vita. Progettato dall’artista Martin Andersen, installato su uno dei monti circostanti e controllato da un sofisticato computer in grado di seguire il movimento del sole, il progetto “Solspeil” di Rjukan ripropone un modello che, in realtà, è già stato sperimentato nel nostro Paese, precisamente a Viganella (in Piemonte), dove nel 2006 è stato inaugurato uno specchio simile.
IL PROGETTO – È la fine di un settembre imprecisato quando Martin Andersen realizza che da lì a pochi giorni il sole sarebbe completamente scomparso dalla piazza del mercato e dal centro di Rjukan. «Ogni giorno – spiega lo stesso autore del Solspeil, letteralmente “sole specchio” – ci piacerebbe portare i nostri bambini a fare una passeggiata in calesse, ma dalla fine di settembre in poi dobbiamo spostarci sempre un po’ più lontano dalla nostra cittadina per trovare il sole».
Questo, almeno, sino al 12 di marzo, data che tutti gli abitanti conservano indelebilmente nella loro memoria in quanto giorno in cui, al termine dell’inverno, il sole ricompare e inizia a illuminare il ponte sul fiume. «È triste – riprende Andersen – che per vedere il sole durante i mesi più freddi le persone di Rjukan debbano allontanarsene». Un problema, questo, al quale aveva già pensato un centinaio di anni prima il nostro uomo che dalla piazza del mercato scruta i monti: studiandone i progetti, Andersen si rende infatti conto che già nel 1913 Eyde stava considerando l’idea di creare un sistema di specchi per convogliare la luce solare nella valle sottostante. La mancanza di una tecnologia adeguata costrinse, però, il fondatore di Rjukan ad abbandonare il progetto e a sostituirlo con la realizzazione di una funivia, in grado di trasportare gli abitanti in cima alla montagna, così da poter godere della luce. Oggi, a precisamente cento anni da quella intuizione, gli specchi illuminano la cittadina e l’entusiasmo tra la popolazione è grande.
CURIOSITÀ – Tra gli eventi che rendono famosa la cittadina norvegese non ci sono soltanto le grandi invenzioni, dalla nascita della centrale elettrica ai recenti specchi di illuminazione. La Storia ci racconta, infatti, di come la fabbrica fondata da Sam Eyde, la Norsk Hydro di Vermok (Rjukan), venne presa di mira da un gruppo di sabotatori norvegesi addestrati in Inghilterra durante la seconda guerra mondiale. Grande impianto per la produzione di acqua pensante destinata all’industria farmaceutica e ai fertilizzanti agricoli, nei piani del Terzo Reich Norsk Hydro avrebbe dovuto trasformarsi nel laboratorio privilegiato per la realizzazione della bomba atomica. Un incubo, questo, che tormentò i governi alleati, tanto che si rese necessaria una mirata azione di sabotaggio della centrale, che nella notte tra il 27 e il 28 febbraio del ’43 esplose per mano del gruppo addestrato in Gran Bretagna.