Oggi 2 ottobre è la festa dei nonni e anche il doodle di Google ce lo ricorda. Questo articolo per me ha un sapore agro-dolce e vi spiego perché, se avete la pazienza di leggere.
La scrittrice Louisa May Alcott conosceva l’animo umano, in particolare quello femminile, molto bene. Autrice della serie di romanzi Piccole donne, e di altri libri affermò che in ogni casa c’era bisogno di un nonno. Non so perché mi viene in mente proprio la Alcott mentre sto scrivendo questo articolo, forse, pensandoci bene, perché leggevo i suoi meravigliosi romanzi quando ero bambina a casa della mia nonna materna in quelle lunghe estati trascorse con lei in aperta campagna, tra l’odore acre del tabacco coltivato negli anni Ottanta nell’Irpinia del post sisma e il verso del gallo al mattino che segnava l’inizio di una nuova giornata.
Lei era Maria, la mia nonna più dolce e accogliente. Dall’altra parte c’era Maria Carmela (dalla quale prendo il nome), da tutti conosciuta come zia Menuccia la lattara, proprio perché portava il latte nelle case la mattina presto. Menuccia la lattara camminava con andatura fiera tra le strade dissestate e malconce di un paese in divenire ma dalla storia lunga che risale ai longobardi.
Nonostante fosse analfabeta, questa donna minuta conosceva la moneta meglio di un uomo. Sapeva fare affari e, quando l’ho vista nella bara mortuaria poche settimane fa, mi è sembrato ancora una volta che si prendesse gioco di tutti: vestita a festa, con la collana e gli orecchini di perle, era una matriarca e, guardandola, mi è sembrato che mi lasciasse un messaggio di fiducia e incredibile forza di volontà.
Dopo di lei ci siamo noi nipoti e io, figlia femmina di una generazione di lavoratori e di migranti, sento forte il richiamo delle sue radici. L’ho sentito nel momento in cui dopo dieci giorni dalla nascita di Emanuele – avuto con un parto cesareo d’urgenza – mi sono messa al volante incurante di chi mi diceva che dovevo stare a casa. Lo sento quando cerco di dare il mio personale contributo attraverso il lavoro di giornalista/naturopata che considero una missione oltre che una passione. Nonna Menuccia è stata un esempio, per me.
E oggi, in occasione della festa dei nonni, se dovessi paragonarla ad una dea dell’Olimpo sarebbe un mix di Artemide e Demetra. Contadina, madre e moglie è stata soprattutto una donna coraggiosa, di altri tempi, che per me adesso ha il sapore e l’odore del pane appena sfornato, della pasta fatta in casa, della pizza casereccia, del mosto… del grano appena raccolto. Andare da lei era bello. Stare con lei era bello, nonostante il suo aspetto fosse poco rassicurante, perché nonna eccelleva nell’essere rude. Io ad ogni modo le ho volute bene anche per quei lati oscuri che ciascuno di noi possiede e che mai vanno rinnegati.
La sua morte mi è piombata addosso all’improvviso in uno dei momenti più belli della mia vita, tanto da non consentirmi di metabolizzare appieno il lutto. So però che la sua vita è stata significativa, oltre che lunga. Sono consapevole che oggi, come ieri, tutto il suo essere vive in me. Grazie nonna per ciò che sei stata e per quanto sei riuscita a trasmettermi consciamente ed inconsciamente. Auguri a te e agli altri miei tre nonni. Auguro, inoltre, a mio figlio di vivere la mia stessa straordinaria esperienza. Buona festa dei nonni a tutti. (Articolo di Maria Ianniciello)