Undici ore di auto attraverso i boschi sloveni, le pianure della Pannonia e lungo il lago Balaton ed eccoci ancora una volta a Budapest, prima tappa di questo nostro viaggio. La capitale dell’Ungheria ci accoglie con trentasei gradi di temperatura e un cielo così terso da farla sembrare ancora più bella. La chiamano “la perla del Danubio” e a prima vista se ne comprende facilmente il motivo. Basta passeggiare qualche minuto su una delle due rive del fiume per rimanere colpiti da ciò che sta esattamente dall’altra parte.
Su una sponda c’è Buda, con il suo enorme castello, la chiesa di Mattia Corvino, la cittadella fortificata costruita dagli Asburgo dopo la guerra d’indipendenza ungherese e le colline che contribuiscono a creare questo scenario pittoresco; sull’altra c’è Pest, con il Parlamento che si affaccia direttamente sul Danubio, i palazzi e gli ampi viali ottocenteschi. A questo si aggiunge, poi, tutto ciò che il Danubio può evocare: un corso d’acqua giunto qui passando per capitali come Vienna e Bratislava e pronto a fluire ancora, alla volta di Belgrado, di parte della Romania e del Mar Nero. Vederlo scorrere fa venire la voglia di lasciarsi guidare verso qualche altra meta. Sembra che le distanze si accorcino, che i luoghi siano facilmente raggiungibili e parte di un tutt’uno: la nostra vecchia Europa.
Ancora una volta Claudio Magris è un fedele compagno di viaggio: un’edizione un po’ attempata del suo “Danubio” è nel nostro zaino ogni volta che decidiamo di percorrere un tratto di questo lungo e maestoso fiume. Ci sono sempre chicche da rileggere, spunti, aneddoti da far riaffiorare. Ed è così che anche oggi il grande germanista ci ricorda che «Budapest è la più bella città del Danubio; una sapiente automessinscena, come Vienna, ma con una robusta sostanza e una vitalità sconosciute alla rivale austriaca. Budapest dà la sensazione fisica della capitale, con una signorilità e un’imponenza da città protagonista della storia». Città protagonista della storia anche se, in realtà, “Budapest” è un’invenzione relativamente recente: è soltanto il 1873, infatti, quando le tre città di Obuda, Buda e Pest vengono unite con l’intento di fondare un’unica grande capitale dell’Ungheria, da sei anni diventata la seconda testa dell’aquila bicipite dell’impero austro-ungarico.
Un evento, questo, che ben si collega a quella “messinscena” di cui Magris parla e che a uno sguardo più attento possiamo cogliere anche noi. Già a Vienna la seconda metà dell’Ottocento aveva coinciso con la volontà da parte della borghesia cittadina di realizzare la Ringstrasse, una pomposa via in cui poter dare sfogo alla voglia di autocelebrazione. Si parla di Selbstdarstellung, una parola che in tedesco riassume davvero bene questo concetto di “rappresentazione di sé”. Come non fare lo stesso a Budapest? Anche i viali e i palazzi di questa capitale altro non sono che il risultato di una necessità di sedurre, di creare dal nulla un passato glorioso, un po’ di grandiosità, per competere con la sorellastra Vienna e, magari, con la Parigi di Haussmann. Andrássi út è, forse, la strada che meglio fa capire questa somiglianza: circa 2,5 chilometri di ampio viale (oggi patrimonio Unesco), lungo il quale si susseguono l’Opera di stato ungherese, musei e palazzi signorili, uno più bello dell’altro.
Percorrere questa via a piedi è sicuramente il modo migliore, anche perché in fondo, proprio alle spalle della piazza degli Eroi, c’è tutto ciò che serve per una pausa rilassante: un bel parco, un laghetto con qualche barca da noleggiare e, soprattutto, le terme Széchenyi, tra le migliori della città. Ma al di là dei tipici edifici signorili dell’Ottocento, lo stesso discorso può valere anche per il Parlamento, esempio di revival storicistico (in questo caso neogotico) che ripropone i modelli della Ringstrasse di Vienna. «Seducente illusionismo», continua il compagno di viaggio Magris, perché dietro a queste facciate non si sa esattamente cosa ci fosse e cosa ci sia. Sarà illusionismo, quindi, ma non si può negare che sia davvero seducente, tanto che per raggiungere la Polonia, vera meta di questo viaggio, abbiamo deciso di passare da qui e di goderci tre giorni di “relax”, se così si può chiamare, in una città che già conosciamo e che non delude mai.
Dopo tre anni di assenza da Budapest il nostro intento è quello di provare a vivere qualche suo aspetto che in passato, presi dalla voglia di vedere il più possibile, abbiamo tralasciato. Tante passeggiate a zonzo, un tour per conoscere meglio il quartiere ebraico, terme e, se capita, un po’ di tempo libero sull’isola Margherita (Margit sziget), dove si può praticare sport o semplicemente dormire all’ombra degli alberi. Non resta che decidere come organizzare le prossime giornate.
Valentina Sala