Oggi vi portiamo sulla Via degli Dei, in un viaggio a piedi, che da Bologna conduce a Firenze. Vi raccontiamo in questo itinerario surreale e anacronistico la storia di questo percorso.
Alle spalle Bologna, antichissima e colta città in cui nel lontano XI secolo nacque la prima università del mondo occidentale. Dinanzi a noi colli e appennini ci chiamano, invitano a partire, ad avventurarci per un percorso che in circa cinque giorni di cammino (a piedi) conduce all’altra grande città del centro Italia, culla della lingua e della cultura italiana: Firenze. Due città storiche bellissime, immancabili tappe per un tour nel Bel Paese, scrigni di opere d’arte e di saperi, diverse e uniche. Eccole scrutarsi da lontano, tra le alture degli appennini, sguardo fiero. E poi avvicinarsi, stringersi la mano. La Via degli Dei collega simbolicamente e non solo i due centri culturali italiani: un percorso ideato sul finire del Novecento seguendo le tracce di antiche vie di collegamento. Già gli etruschi, infatti, ne percorrevano un tratto che da Fiesole raggiungeva Felsina; i romani, poi, migliorarono il tracciato trasformandolo in una strada romana transappenninica, proseguendo alla volta di Arezzo e, successivamente, di Roma. Infine il Medioevo, durante il quale uomini a piedi o a cavallo si avventuravano alla volta della Città Eterna, ripercorrendo sempre questo tratto di Appennino.
E così anche oggi, nell’era dell’alta velocità, in cui i treni conducono da Bologna a Firenze in poco più di mezzora, il cammino torna a essere un modo per conquistarsi la meta, per godere non solo della bellezza della destinazione ma anche del percorso, per prendersi del tempo per sostare nella natura, pranzare in una qualche trattoria autentica. La Via degli Dei, nome scelto in quanto attraversa località come Monte Adone, Monzuno (da Mons Iovis, monte di Giove), Monte Venere, Monte Luario (da Lua, dea romana dell’espiazione), si snoda lungo circa 130 chilometri: indicativamente cinque/sei giorni di cammino passando per località quali Sasso Marconi, Monzuno e Fiesole e sostando in uno degli agriturismi, dei bed & breakfast o degli alberghi sparsi lungo un tragitto che, come detto, parte dalla Dotta.
Bologna, con i suoi circa 50 chilometri di portici solo nel centro storico, le torri medievali e le osterie, si congeda. «Mercati all’aperto, bistrot, della rive gauche l’odore»: le parole di Francesco Guccini quasi risuonano nella mente, mentre da Piazza Maggiore ci si incammina alla volta del Santuario della Vergine di San Luca, passando attraverso il lunghissimo – quasi quattro chilometri – portico che da Porta Saragozza conduce in cima al Colle della Guardia, dove si erge santuario mariano. Da lì si scende, poi, verso il fiume Reno, da costeggiare sino all’arrivo a Sasso Marconi, e poi via, alla volta di Badolo, dove si può sostare per la notte. Per il secondo giorno di cammino una nuova tratta, quella che da Badolo conduce sino a Madonna dei Fornelli: un percorso che attraversa l’area protetta del Contrafforte Pliocenico, tra fossili e conchiglie all’aperto che testimoniano la presenza, milioni di anni fa e proprio in questa zona, del mare. Un saliscendi sul Monte Adone, tra piante di mare ed esemplari di montagna, per poi procedere alla volta di Monzuno e di Madonna dei Fornelli, tipica località dell’Appennino, così chiamata in ricordo della devozione alla Madonna della Neve e in riferimento ai “fornelli”, fuochi che secondo la tradizione i carbonai erano soliti accendere nei boschi per ardere lentamente la legna e ottenere il carbone. Da qui parte la terza tratta, che oltrepassando il confine tra Emilia Romagna e Toscana conduce sino a Monte di Fò.
Un percorso, questo, che ripercorre parte della Flaminia militare, l’antica strada romana che passava proprio da qui, e anche della Linea Gotica, quel complesso sistema di fortini e torri costruito dai tedeschi nel ’44 per impedire l’avanzata alleata. Un tuffo nella storia del Novecento, quindi, cui si può aggiungere la visita del maggiore cimitero militare tedesco presente in Italia, quello della Futa.
Da Monte di Fò a San Piero a Sieve, quarta tappa, l’arte diviene protagonista indiscussa: la Pieve di Sant’Agata, maggiore edificio sacro del Mugello; il castello di Montaccianico; la fortezza medicea di San Martino e il Convento Bosco ai Frati. Un susseguirsi di edifici storici in preparazione, verrebbe da dire, all’ultima tappa: quella che da San Piero a Sieve passa per la città etrusca di Fiesole e, infine, raggiunge la capitale del Rinascimento, vero museo all’aperto in cui, forse, come afferma Ezra Pound, non c’è posto per sedersi, stare in piedi o camminare, ma dove la Sindrome di Stendhal – detta anche di Firenze – non smette di colpire. Una bellezza talmente grande da dare vertigine, degno epilogo per il nostro tour lungo la Via degli Dei.
Valentina Sala