L’Homo erectus era davvero solo circa due milioni di anni fa? Secondo una recente ricerca pubblicata dalla rivista Nature sembrerebbe di no. Il dilemma, vecchio di decenni, sembra aver trovato risposta grazie a uno studio effettuato dalle paleontologhe Meave e Louise Leakey, moglie e figlia di quel Richard Leakey che nel 1972 rinvenne un cranio fossile, dalle grandi dimensioni del cervello allungato e dalla faccia piatta, che accese il dibattito intorno alla presenza di altre forme di Homo durante il Pleistocene. Alcuni scienziati sostenevano che il cranio appartenesse all’Homo erectus mentre altri sostenevano l’esistenza di una specie diversa.
Nuovi reperti, consistenti in un volto e due mandibole (di cui una intera e una conservata solo in parte) sono stati scoperti tra il 2007 e il 2009 in Kenya dal Koobi Fora Research Project (KFRP), guidato da Meave e Louise Leakey. I fossili hanno permesso agli scienziati di confermare che esistevano altre due specie del genere Homo in Kenya tra 1,78 milioni e 1,95 milioni di anni fa.
Ciò che ha portato a questo risultato è la presenza tra i reperti dei denti e della mandibola inferiore, cose che mancavano ai resti di 1470, il fossile risalente agli anni ’70. Nel complesso, i tre reperti forniscono un quadro più chiaro di ciò che accadeva circa due milioni di anni fa.
Il volto scoperto nel 2008, infatti, è molto simile a quello di 1470 e dimostra che quest’ultimo non è un singolo individuo dalle strane caratteristiche fisiche ma appartiene a una specie diversa ancora non catalogata. Ciò permette agli studiosi di affermare che, tra 1,78 milioni e 1,95 milioni di anni fa, in Kenya convivevano tre specie differenti: l’Homo erectus, l’Homo abilis e l’ancora misteriosa specie di cui 1470 è membro, definita dai paleontologi Homo rudolfensis perché l’attribuzione è ancora incerta .
Piera Vincenti