Elisabetta Severino ci conduce a Procida, con questo diario di viaggio che tocca il cuore.
All’inizio del 2015 il famoso sito americano BuzzFeed pubblicò una galleria fotografica ironicamente intitolata “39 reasons why Italy is actually the worst”. Scorrendo una fotografia dopo l’altra m’immersi in panorami mozzafiato, cieli azzurri, distese di mare e ricordai con consapevole stupore gli straordinari esempi di architettura che punteggiano il nostro multiforme Bel Paese: tra tutti l’isola di Procida fu il luogo in cui desiderai fare un viaggio in quel pomeriggio d’inverno, forse perché non c’ero mai stata o forse perché quell’immagine riuscì a trasmettermi un’atmosfera diversa, lontana dalla frenesia cittadina e dal tran tran quotidiano. Eccomi, dunque, ad attraversare, non più soltanto con la fantasia, con questo viaggio finalmente reale, il luogo raffigurato nella fotografia, quello che culla con il suono dondolante del mare e che allieta con la voce dei gabbiani festanti su e giù per il cielo: la Corricella. Finito sul grande schermo grazie al celebre film “Il Postino”, quest’antico borgo di pescatori rappresenta un vero e proprio angolo di paradiso fatto di case dai colori pastello dolcemente abbarbicate le une sulle altre. Fare un viaggio a Procida vuol dire gustarsi anche un buon caffè seduti con lo sguardo verso il mare e abbracciati da uno dei più affascinanti centri abitati del mondo. Percorrendo la “contrada bella”, forgiata dal tufo di un’irta scarpata grazie alla maestria e al sudore dei suoi abitanti, si respira quiete e si avverte un insolito senso di comunità; quest’agglomerato di costruzioni fu, infatti, definito “della solidarietà” per l’intreccio di archi, finestre e scale che lo rendono così incredibilmente compatto. Negli occhi l’acqua marina del porticciolo del 1600 si mescola ai colori delle case, giallo, azzurro, verde, rosa e bianco, che un tempo avevano lo scopo di facilitare il riconoscimento della propria abitazione ai pescatori che rientravano dopo le spedizioni marittime. È possibile raggiungere il porto dal mare o da una lunga scalinata con gradoni in stile mediterraneo, detta del Pennino, che porta i suoi visitatori dalla vitalità delle popolose viuzze alla silenziosa poeticità di un luogo che resiste immutato al passare del tempo. Risalendo una rampa di scale di più recente costruzione si può godere di una splendida vista panoramica verso il belvedere di Callìa dal quale si può riconoscere l’isola di Capri e il promontorio della Terra Murata, antico borgo sorto sul punto più alto dell’isola, rifugio della popolazione a partire dalle prime invasioni barbariche del IX secolo. Intorno al Monastero di Sant’Angelo i procidani scavarono le proprie case nel tufo e le cinsero con dei fossi difensivi dando vita alla cosiddetta Terra Casata che fu poi protetta dalle incursioni nemiche da un castello fatto costruire a picco sul mare dal cardinale Innico d’Avalos d’Aragona. In principio la costruzione fu dimora della famiglia d’Avalos, poi possedimento del Re di Napoli Carlo III, per poi divenire collegio militare e infine Bagno Penale del Re Ferdinando II di Borbone; il Duca Sigismondo Castromediano così lo descriveva: «Il Bagno Penale di Procida: un centro di orrore in un cerchio di bellezza». Si respira la storia in quest’isola: numerose targhe in pietra e monumenti ricordano alle persone del luogo e ai forestieri dei frammenti di storia e della passata presenza a Procida di illustri personaggi che amarono questi luoghi facendoli divenire fonte d’ispirazione. In Piazza dei Martiri, ad esempio, un memoriale in pietra rievoca un episodio importante, quello che nel 1779 vide l’impiccagione di sedici uomini, “vittime di libertà”, che “cadevano per mano del carnefice” borbonico. E ancora, percorriamo insieme le strade strette che salgono ripide per poi discendere veloci, respiriamo l’aria di iodio e sale cercando di non perdere alcun dettaglio, nessun particolare dell’Isola di Arturo di Elsa Morante: l’Abbazia di San Michele Arcangelo con i suoi sotterranei e con una biblioteca che vanta 8.000 volumi, la Marina di Chiaiolella e una tra le altre tante belle spiagge, Chiaia, posta in una suggestiva insenatura dalla sabbia scura e dai fondali bassi.
Come non comprendere Virgilio, Orazio e Goethe che da questi luoghi furono incantati e Cesare, Augusto e Nerone che amarono profondamente questa perla di natura vulcanica circondata dal mare. Dopo tanta strada percorsa sotto il sole ci si può concedere una fresca insalata di limoni e una bella nuotata fin dove l’acqua è più blu. Si conclude così il mio viaggio a Procida. Saluto l’isola fatta di storia e tradizioni in cui gli abitanti sorridono e i paesaggi conquistano, ricordando Mimante, il gigante impavido che sfidando Zeus perì facendo nascere quest’isola delle meraviglie.
“Ah, io non chiederei di essere un gabbiano, né un delfino; mi accontenterei di essere uno scorfano, ch’è il pesce più brutto del mare, pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell’acqua.”
Elsa Morante da L’Isola di Arturo