Continua il nostro lungo percorso tra le terapie olistiche o alternative. Dopo aver scritto della Bioterapia Nutrizionale, della Kinesiologia Emozionale e della Cromoterapia, vi parliamo di un’altra disciplina: il Reiki. Lo facciamo con Anna Pudia, medico veterinario e Master Reiki che ci spiega innanzitutto che cos’è e come si pratica.
Dottoressa Pudia, si sente spesso parlare del Reiki, ma che cos’è in realtà?
Il Reiki è una tecnica vibrazionale che porta un riequilibrio energetico nelle persone, nelle piante, negli animali, in qualsiasi cosa trattiamo, perché con il Reiki si possono trattare non solo gli esseri viventi ma anche gli oggetti, l’acqua, il cibo, le bevande. Si parte dal presupposto che tutto nel mondo sia fatto di energia. Si tratta, quindi, di una sorta di pranoterapia, ma – mentre il pranoterapeuta attinge alla propria energia personale e, difatti, alla fine della giornata si deve ricaricare per tornare a fare i suoi trattamenti il giorno dopo – l’operatore Reiki, cioè colui o colei che ha ricevuto l’armonizzazione, è divenuto un canale aperto ed è connesso con l’energia universale, per cui durante i trattamenti noi operatori, attraverso le mani ma anche con lo sguardo, con il respiro o con i piedi, trasmettiamo l’effetto benefico dell’energia universale che è intelligente e sa in quale direzione andare, perciò non è necessario essere medici e infermieri per praticare questa tecnica, anche se alcune conoscenze di anatomia sono utili per orientarsi ma non sono necessarie.
Quando è nato?
E` una disciplina di origine giapponese, nacque nei primi anni del secolo scorso in Giappone, dove erano praticate diverse tipologie di Reiki; quella che si è diffusa in Occidente, quindi anche in Italia, è stata fondata dal monaco Mikao Usui Sensei che ha dato il via al lignaggio. Non è solo una tecnica ma è anche un viaggio di consapevolezza verso se stessi, perché l’operatore o il Master Reiki deve essere “pulito” energeticamente, di conseguenza chi applica questo metodo dovrebbe fare un profondo lavoro interiore, affinché l’energia universale possa attraversare il corpo dell’operatore e arrivare alla persona sottoposta al trattamento.
Come si svolge una seduta di Reiki?
Non è una vera seduta, non è un massaggio. Utilizziamo il classico lettino dei centri estetici. La persona si mette prima a pancia in giù e poi in posizione supina. Pratichiamo diverse posizioni con le mani in modo che gli organi affini a quell’area che stiamo trattando siano raggiunti dall’energia Reiki. Il trattamento è a cadenza settimanale; si fa per quattro settimane oppure per quattro giorni consecutivi. Alla fine di questo mini ciclo la persona decide se e come continuare, anche se è preferibile che chi soffre di patologie particolari o croniche sia attivato al Reiki, per far sì che l’energia funzioni direttamente sulla persona.
Qual è la situazione in Italia?
Il Reiki si affianca assolutamente alla medicina tradizionale e anche ai farmaci, rendendo inferiori o più controllabili gli effetti collaterali di questi ultimi, tant’è che il metodo si sta diffondendo anche in Italia nell’ambito dei presidi ospedalieri. Ci sono ospedali solamente Reiki ed esistono nosocomi con reparti che praticano questa disciplina, la quale – come si è notato – riesce a diminuire molto l’entità del dolore nei pazienti terminali affetti da cancro; addirittura si è visto che queste persone riescono a fare a meno della morfina. In Italia esistono molte associazioni diffuse soprattutto al Centro Nord ma questa disciplina sta prendendo piede anche nel Sud Italia. Ogni Master Reiki può, se vuole, aprire un’associazione e fare i seminari. Per diventare operatori del Reiki, bisogna partecipare a una cerimonia di attivazione tenuta dal Master Reiki, in cui vengono ripuliti i canali energetici degli allievi. Ci sono quattro livelli: Shoden, Chuden, Okuden e Shinpiden. Le associazioni sono libere, non c’è nessuna normativa riguardante il Reiki, ma per avere valore devono essere riconosciute dall’ASI che accorpa le associazioni sportive italiane ed ha una sezione dedicata a questa disciplina. Poi c’è il PRAI, che è un ente di Professionisti Reiki Associati Italiani, costituito da un gruppo di docenti di Master Reiki, riunitisi per creare un programma di formazione professionale da presentare e far accettare all’ASI, con la finalità di fornire alcune linee-guida per divenire veramente operatori Reiki, evitando così i cialtroni che proliferano in quest’ambito. Purtroppo negli ospedali solo i medici e gli infermieri, che sono diventati operatori, possono praticare il trattamento sui pazienti; tutti gli altri non possono perché non riconosciuti. Questo, però, trasgredisce lo spirito del fondatore che lo praticava inizialmente tra i poveri di Kyoto.
Per saperne di più? Fa dei corsi?
Terrò un open day il 28 maggio 2016 a Roma, in località Morena, con offerta libera consapevole (meditazione, esercizi di respirazione, origini, storia e funzionamento del percorso Reiki).