Una Città Vecchia suggestiva ma interamente ricostruita e tutt’intorno una grande capitale fatta di viali e palazzi in stile socialismo, come si può immaginare non sempre ugualmente belli. È vero, Varsavia in parte è questo. Ma la capitale polacca ha qualcosa che la rende davvero unica ed è la sua capacità di raccontare la storia del Novecento, drammaticamente passata più volte da qui. L’occupazione nazista, la costruzione del più grande ghetto esistente, la rivolta della città contro le forze del Reich, la distruzione, la “liberazione” sovietica, il comunismo, la ricostruzione e, finalmente, la nascita della repubblica.
Siamo a Varsavia da un paio di giorni e l’entusiasmo iniziale non si è spento, anzi. Numerose bandiere polacche sventolano sui balconi delle abitazioni in quanto il primo agosto è stata una ricorrenza molto importante per i polacchi. Le corone di fiori adornano, infatti, il monumento in memoria della rivolta di Varsavia, quell’evento cominciato proprio l’uno di agosto del 1944 e che per la prima volta ha visto una città occupata dai tedeschi ribellarsi e combattere.
Una grande festa, quindi, per ricordare una rivolta durata precisamente due mesi e che ha visto l’Esercito Nazionale Polacco combattere sino all’ultimo, pur nella consapevolezza che presto i nazisti, in un primo momento sorpresi e impreparati, si sarebbero organizzati e avrebbero schiacciato la rivolta nel sangue. Poco lontano da Varsavia, i sovietici attendevano senza intervenire che i due schieramenti regolassero i conti tra di loro, così da poter in un secondo momento entrare in città da liberatori ed esserne in un certo senso i nuovi “conquistatori”. E i conti li hanno ovviamente regolati i tedeschi, che hanno messo in atto quanto ordinato dal Führer: radere completamente al suolo la città, così da dare una lezione ai suoi abitanti. Ecco perché la Varsavia che abbiamo ora dinanzi agli occhi è interamente una creazione del secondo Novecento, sia nelle parti che sembrano più antiche come Stare Miasto (Città Vecchia), Nowe Miasto (Città Nuova) o la bella via Reale a sud del castello, che nei viali di chiara impronta socialista, sui quali svetta il Palazzo della Cultura e della Scienza, un edificio alto circa 230 metri fatto costruire da Stalin in segno d’amicizia.
Per restare in tema di rivolta, decidiamo di visitare il Museo dell’Insurrezione, così da cogliere sino in fondo l’orgoglio che i polacchi provano nel ricordare quell’eroico tentativo di cambiare il loro destino. Il museo è grande, dislocato su tre piani e pensato in modo interattivo. Forse un po’ troppo pieno di visitatori per poter essere apprezzato in ogni suo aspetto, ma rimane comunque una tappa interessante.
Ma quella data, il primo agosto del ’44, non è in realtà l’unica ad aver dato il via a una così inaspettata rivolta. Già all’interno del ghetto di Varsavia, di cui ora rimangono solo poche testimonianze, nel ’43 l’Organizzazione dei Combattenti Ebrei e l’Unione Militare Ebraica avevano tentato di ribellarsi. 28 giorni in tutto, durante i quali gli abitanti del ghetto, stremati dalle condizioni di vita e muniti di armi improvvisate, hanno combattuto pur sapendo di andare incontro a una sconfitta certa. Un disperato tentativo di ricostruirsi una dignità, così drasticamente strappata loro.
Percorriamo le vie del quartiere in cui venne costruito il ghetto: ora non si vede quasi più nulla, anche se in alcuni punti una striscia sulla pavimentazione ricorda i tratti in cui passava il muro del ghetto, il più grande mai costruito data l’elevata percentuale di ebrei che vivevano nella capitale prima della guerra (più del 30 % della popolazione di Varsavia era ebrea). Dove un tempo sorgeva il ponte che, passando sopra le rotaie del tram cittadino, collegava il piccolo ghetto al grande ghetto, entrambi delimitati dal muro, ora c’è un’opera d’arte che ne ricorda l’aspetto. Visitare Varsavia significa ripercorrere un po’ tutti questi eventi, fermarsi a leggere le targhe in ricordo dei caduti, prendere atto di quante persone siano morte prima nel ghetto e poi nei campi. Sono numeri impressionanti.
Approfondita la storia, nei prossimi giorni ci vuole un po’ di leggerezza: ci aspettano dolci e cibi tipici da assaggiare, grandi parchi in cui passeggiare e un po’ di divertimento. Seguiteci!
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Valentina Sala