Dopo la battaglia terrestre dei 300 spartani guidati da Leonida sul passo delle Termopili, Zack Snyder passa il testimone al regista israeliano Noam Murro per raccontare, in “300 – l’alba di un impero”, lo scontro navale tra la Grecia unita al comando di Temistocle e i persiani capeggiati da Artemisia e dal semidio Serse. L’impavido Temistocle, la cui ambizione rispecchia l’irripetibile esperienza democratica dell’Ellade, si scontra con le malie di una demoniaca Artemisia, capace di far rinascere Serse in forma divina e di guidare le agguerrite flotte contro gli odiati greci. Più che prequel o sequel, si tratta di una narrazione parallela agli eventi contemporanei già descritti nel primo film, a cui si deve il rilancio del filone peplum in salsa ultrapulp. Poche e non significative le differenze fra 300 e questo nuovo blockbuster pirotecnico e spettacolare, diretto dal regista di Smart People e di svariati video commerciali. Attraverso una rivisitazione storica deformata dalla scarsa fedeltà alle Storie erodotee, il regista utilizza il medesimo stile visivo con parossistici ricorsi ai frame stop e alla slow motion, musica battente carica di pathos e duelli sanguinari. A cambiare è la scenografia, ricostruita fra i teatri dei Nu Boyana studios e la città di Sofia, nonché il modello ispiratore, in questo caso, una graphic novel ancora in fase di pubblicazione: Xerses di Frank Miller. Nella logica della serialità hollywoodiana non poteva quindi mancare l’ennesimo kolossal in cui, sangue, azione vorticosa e muscoli tesi sono catturati dall’insistito utilizzo del ralenti estremo che pone l’attenzione alla sola bulimia del sensibile, all’enfasi esasperata di un’epica priva di spirito tragico e di slanci drammatici. Il gigantismo eroico dell’australiano Sullivan Stapleton, un Temistocle che, diversamente dal Leonida interpretato da Gerard Butler nel primo film, oltre a impugnare l’arco, è anche abile oratore, viene ostacolato dalla sensuale Artemisia, col viso spietato e conturbante di Eva Green, eroina dall’estetica fetish, vestita con pelle e borchie. Reduce dal 300 di Snyder, Rodrigo Santoro è invece Serse, avvinghiato da piercing e catene e rilucente nella sua dorata forma divina. Murro gioca sull’accumulo sequenziale di trovate sceniche e combattimenti uniformati, concentrandosi per quasi tutta la durata del film sulla battaglia navale di Capo Artemisio tra le fastose triremi persiane e le disadorne e più strategiche imbarcazioni greche. L’ancestrale rito bellico, trasformatosi in piacere attrattivo ed estetizzante, non aspira di certo a raccontare la vera storia, ma è di sicuro una gioia per gli occhi, soprattutto per gli appassionati al genere.
Trailer: http://youtu.be/6CgmWxHNfUc
Vincenzo Palermo