Adagio, il terzo film di Stefano Sollima sulla Roma criminale è al Cinema

Adagio: recensione del film di Stefano Sollima

Una nuvola di fumo nero sovrasta la città, a Tiburtina le fiamme si vedono all’orizzonte. La corrente elettrica va e viene. A Roma fa troppo caldo, il sole picchia sul terrazzo del Cammello (Pierfrancesco Favino), dove Manuel (Gianmarco Franchini) si nasconde per proteggersi dai poliziotti corrotti che lo hanno ingaggiato per incastrare un noto politico durante una festa orgiastica. Manuel però non ce l’ha fatta a fotografare, ha avuto paura e ha chiesto aiuto a Polniuman (Valerio Mastandrea), caro amico di suo padre Daytona (Toni Servillo) nonché uno degli ultimi superstiti della banda della Magliana che, insieme al Cammello e a Daytona stesso, misero a soqquadro Roma. I tre criminali procedono nella vita adagio. Uno è cieco, l’altro soffre di demenza e ha paura che entrino i ladri in casa, il terzo ha il cancro in fase terminale.

Stefano Sollima in Adagio, terzo capitolo della trilogia della Roma criminale, non si risparmia e chiude in bellezza, lasciando il testimone ai giovani e a una Roma che ormai, come ho specificato all’inizio, è in fiamme a causa non tanto del malaffare quanto del clima impazzito. Che l’ultimo non sia una conseguenza del primo? Roma brucia, dunque. E con essa anche la vecchia criminalità e insieme i valori su cui si reggevano le logiche mafiose.

Che fine ha fatto la banda della Magliana?

In questo film sono i poliziotti corrotti che dettano le regole assoldando ragazzi inesperti e lasciando intendere che la vecchia criminalità è morta e sepolta. Vasco (Alessandro Giannini) deve tirare a campare, ha due figli da mantenere da solo e non può compiere passi falsi. Bruno (Francesco Di Leva) è invece un soldato, esegue gli ordini di Vasco alla lettera mentre Massimo (Lorenzo Adorni) finge di avere una morale ma poi accetta i compromessi.

Come nel film Miami Vice di Michael Mann e, come nei precedenti Romanzo Criminale e Suburra, la corruzione entra nei piani alti ma in modo meno evidente della serie e dei film citati, perché ciò che interessa è il percorso di Manuel e insieme la sua salvezza per poter coltivare la speranza che a Roma i giovani possano tirarsi fuori da certe dinamiche. Ma la paura non sempre è cattiva consigliera. Manuel non è un criminale, non è come suo padre.

 Adagio di Stefano Sollima è dunque un film interessante per lo stile e per il contenuto. La morale è che non ci sia più spazio per gli uomini duri che sono in questa pellicola alla fine dei vinti del sistema, perché su un pianeta che brucia anche il più scaltro dei criminali è costretto a fermarsi. Che poi i delinquenti si ammazzino tra loro è cosa risaputa. Ma ora cosa sorgerà sulle ceneri del vecchio mondo? Maria Ianniciello

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