Giornalista, produttore discografico, produttore teatrale, produttore televisivo italiano, Adriano Aragozzini ha dedicato tutta la propria vita alla musica. Personal manager di innumerevoli artisti italiani ed internazionali, ha organizzato e diretto svariate edizioni del Festival di Sanremo, è stato uno dei principali promotori della cultura e della musica italiana all’estero e, recentemente, ha pubblicato l’Enciclopedia del Festival di Sanremo. Cultura & Culture lo ha intervistato per ripercorrere le tappe salienti del suo percorso costellato di successi e per scoprire, insieme a lui, il mondo segreto del dietro le quinte.
“Enciclopedia del Festival di Sanremo. L’Italia della musica e del Costume” è una delle sue ultime opere. Cosa l’ha spinta a ricostruire, anche nei minimi dettagli, la storia di quella che ormai è un’istituzione in Italia e all’estero?
Visto che dall’89 al ’93 ho organizzato e diretto il Festival mi è sembrato giusto finire il lavoro con un’opera omnia che potesse rendere bene l’idea di ciò che il Festival abbia rappresentato negli anni.
Durante gli anni cui ha diretto e organizzato il festival, Lei ebbe il merito il eliminare il playback e reintrodurre l’orchestra dal vivo. Molti degli elementi da lei introdotti, sopravvivono, ancora oggi, in maniera indiscussa. Come riuscì a rinnovare la formula del festival in quegli anni? Quali furono le difficoltà che incontrò?
Erano tutti contrari! La stampa, le case discografiche, gli artisti ma io ho dimostrato che con i musicisti giusti fosse possibile riprodurre fedelmente i suoni per ottenere delle melodie praticamente identiche alle registrazioni discografiche. Fu proprio in quell’occasione che vinsi la mia prima battaglia e devo ammettere che senza il sostegno incondizionato della Rai non ce l’avrei mai fatta.
Come è cambiato negli anni il Festival? È davvero lo specchio degli usi e dei costumi degli italiani?
Purtroppo il Festival di Sanremo non è più il festival della canzone italiana, è il festival della televisione italiana, è uno show televisivo a tutti gli effetti. In ogni caso, si, è davvero lo specchio della società italiana.
Perché non esiste più “Sanremo in the world”?
“Sanremo in the world” fu una mia straordinaria invenzione. Ora non esiste più ma, ad onor del vero, bisogna dire che i primi a non voler partecipare erano gli artisti: molti di loro erano pigri ed esigevano grandi cachet. Questo tipo di manifestazione canora costò una fortuna: spendemmo ben mezzo miliardo di lire solo per acquistare i biglietti aerei, ci spostammo da Toronto a San Paolo, da lì a Francoforte e poi ritornammo in Italia.
Tra le innumerevoli cose di cui si è occupato nella sua vita professionale qual è il ruolo che ha sentito più affine alle sue attitudini personali?
Sicuramente il ruolo di organizzatore del Festival è stato per me il più importante, quello in cui mi sentivo realizzato al meglio.
Uno degli artisti con cui lei ha collaborato più a lungo è Domenico Modugno. Potrebbe dirci una caratteristica che potrebbe rendere bene l’idea di che tipo di persona fosse Domenico?
Mimmo era un artista eccezionale ma anche, e soprattutto, un grande uomo. Per me ancor prima di tutto un grande amico. Aveva un grande carisma ed infinito entusiasmo.
Tra i tantissimi artisti con cui Lei ha lavorato ci sono anche Gino Paoli e Patty Pravo. Ci racconterebbe come è stato lavorare con due personalità così diverse tra loro e qualche aneddoto di quel periodo?
Gino e Patty hanno un comune denominatore: la pazzia, ovviamente intesa nel senso buono del termine! Si tratta di due personaggi alternativi ad altri artisti. Il talento di Gino fu clamoroso fin da subito, con lui ho iniziato la mia carriera in campo artistico e per me era tutto nuovo. Quello che faceva lui era assolutamente unico. Con Patty fu lo stesso però lei era una donna e le loro debolezze erano molto diverse. Con Patty ho vissuto degli anni incredibili, abbiamo girato il mondo dal ’73 al ’79 e abbiamo vissuto grandi successi.
Non solo artisti italiani ma anche tante star internazionali si sono affidate alle sue competenze professionali come Ray Charles e Tina Turner, come si è rapportato a loro?
Beh il sistema di lavoro delle star straniere è completamente diverso da quelle italiane a cominciare dagli orari. Un esempio su tutti l’incredibile puntualità di Ray Charles: se si sforava anche solo di una manciata di minuti, lui era capace di andarsene via. In Italia, invece, se davo appuntamento ad un artista alle 14 sarei stato fortunato se si fosse presentato alle 14.30. In ogni caso non ho mai avuto grossi problemi con le star internazionali, ho sempre impostato il lavoro in maniera estremamente professionale e ho sempre cercato di mantenere tutto quello che era stato preventivamente accordato.
Nel 1995 il sindaco di New York , Giuliani, le conferì la cittadinanza onoraria. Cosa significò per lei quell’esperienza?
Per me fu una grande, clamorosa soddisfazione. Quel riconoscimento, giunto dopo 30 anni di collaborazione e di promozione della cultura italo-americana in America, mi rese più che felice. Colgo l’occasione per ricordare che anche il Sindaco di Miami, Joe Carollo, proclamò il 25 Gennaio 1997 l’”Adriano Aragozzini Day” per il contributo alla cultura popolare italiana nella città di Miami. Dall’America ho ricevuto i riconoscimenti che l’Italia non mi ha mai dato.
Qual è stato l’artista di cui conserva il ricordo più bello e quello di cui, invece, ricorda qualche aneddoto meno simpatico?
I ricordi più belli li associo a Domenico Modugno mentre l’aneddoto meno simpatico a Gianni Morandi ma non chiedetemi il perché.
Cosa rappresenta per Lei la musica?
La musica è la mia vita, il mio lavoro. Ancora oggi sono un attento ascoltatore della musica italiana ed internazionale.
Quali sono state le soddisfazioni più grandi e quali invece le difficoltà maggiori del suo percorso?
Le soddisfazioni sono state veramente tante, i numerosi successi in giro per il mondo tra Giappone, Australia, Europa, America e Russia (fui tra i primi ad organizzare un concerto in una piazza russa con Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana) mi hanno riempito di orgoglio anche se le maldicenze di persone, che non perdonano il successo, mi hanno messo a dura prova e ci ho messo degli anni a difendermi e lasciare cadere completamente le accuse.
Se potesse tornare indietro c’è qualcosa che non rifarebbe o qualcosa che invece farebbe ad ogni costo?
Dal punto di vista professionale rifarei tutto, sicuramente sono stato molto ingenuo e oggi lo sarei molto di meno.
Di cosa si sta occupando attualmente e cosa ha in programma per il futuro?
Organizzo grandi eventi nel mondo e produco programmi per la tv. Sono in attesa di una risposta per una mia proposta di produzione per uno spettacolo su Rai Uno.
Cosa direbbe ad un giovane che volesse avvicinarsi al mondo della musica e dello spettacolo da dietro le quinte?
È talmente difficile inserirsi, e addirittura sopravvivere, in questo ambiente che mi viene da dire, a chi davvero pensa di avere del talento, di migrare verso altri lidi in cui sicuramente potrà ottenere il meritato riscontro.
Quali sono, invece, i suoi consigli per un aspirante giornalista musicale? Come si apprende questo mestiere e quali sono i segreti per crescere e migliorare?
Al di là della differenziazione tra carta stampata e giornali on line, quel che conta davvero è la passione. Solo se si lavora sodo si riesce ad acquisire la necessaria competenza per incamminarsi verso la strada giusta.
Raffaella Sbrescia