Sarà presentato in anteprima italiana domani, sabato 13 aprile alle 16, il docu-film di denuncia sui campi di lavoro della Corea del Nord “Camp 14. Total control zone”, girato dal tedesco Marc Wiese. La proiezione, che si inserisce nel festival di Cinemazero “Le voci dell’inchiesta” in programma a Pordenone fino a questa domenica, rappresenta uno tra gli eventi più attesi di questa edizione 2013.
Reduce dall’ennesimo premio vinto poche settimane fa al festival di Ginevra, la pellicola di Wiese raccoglie la sconvolgente la testimonianza di un ragazzo nord-coreano, Shin Dong-Hyuk, figlio di due prigionieri politici nord-coreani e proprio per questo motivo costretto a vivere sin dalla nascita in un campo di lavoro del regime. Il suo calvario, iniziato con l’esecuzione pubblica della madre e del fratello, non sembra avrà mai fine: chi ha la sfortuna di trovarsi a Camp 14 ci rimane per sempre, tra fili spinati, violenza e torture.
“Il nostro unico scopo – così afferma Shin Dong-Hyuk nel film – era quello di seguire le regole del campo di lavoro e morire. Le persone all’esterno chiamano questo posto La Zona di Controllo Totale. Noi non sapevamo nulla del mondo esterno, sapevamo solo che i nostri genitori e i nostri nonni erano colpevoli, e che noi dovevamo lavorare duro per questo. Nessuno di noi aveva mai pensato che avremmo potuto lasciare il campo. Ogni tanto qualcuno fuggiva, spinto dalla paura di morire di fame o di essere picchiato, ma veniva subito catturato e giustiziato, divenendo oggetto dell’odio di chi aveva lasciato indietro”.
Shin, nato il 19 novembre 1983 dal matrimonio di due prigionieri sposati per ordine delle guardie del campo, è sin dalla nascita un prigioniero politico. Costretto a lavorare dall’età di sei anni soffrendo la fame, tra continue percosse e torture, nulla conosce del mondo, di tutto ciò che esiste oltre al filo spinato. Fino all’età di 23 anni, quando grazie all’aiuto di un vecchio prigioniero riesce a fuggire. Una fuga, la sua, che permette al mondo di conoscere cosa succede all’interno di un campo della Corea del Nord: Shin è, infatti, l’unica persona che sia mai riuscita a scappare.
Ma accanto alla storia di Shin, la rassegna pordenonese prosegue con un altro importante appuntamento dedicato ai 50 dalla tragedia del Vajont. In occasione di questa ricorrenza, sempre domani (alle 21) sarà infatti proiettato il documentario del regista Andrea Prandstraller e dal titolo “Vajont ’63. il coraggio di sopravvivere”. Durante la proiezione saranno anche presenti i sindaci dei Comuni colpiti, alcuni testimoni e sopravvissuti.
Infine, proprio a chiusura di festival, domenica 14 aprile alle 18.15 sarà la volta della retrospettiva dedicata alla coppia di documentaristi Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, che proprio di recente hanno rappresentato l’Italia alla Berlinale 2013 con la loro ultima opera: “Materia oscura”.
Per informazioni sul festival www.voci-inchiesta.it