Tratto dall’omonimo libro di Paolo Rumiz e Monika Bulaj arriva al Piccolo Teatro Gerusalemme perduta, con Elia Schilton e la regia di Graziano Piazza da un progetto di Aleksandar Sasha Karlic. Lo spettacolo è in scena allo Studio Expo per tre sole recite, da giovedì 3 a sabato 5 maggio 2012. Gerusalemme perduta è un reportage che percorre in senso contrario la strada dei primi cristiani dall’Italia a Gerusalemme, intrecciandosi con le altre fedi, l’Islam e il Giudaismo. Un viaggio senza guide, denso di inquietudini e suggestioni che diventa teatro. Un “ritorno” alle origini della fede col Vangelo, il Corano e la Torah intrecciati in un unico filo rosso fin dalla partenza a sorpresa in mezzo alle Alpi. Questo è un percorso in cerca delle briciole di Dio, dice Rumiz. Le religioni, come i grandi fiumi, hanno una sorgente modesta, appartata, nascosta. Le radici nomadiche della fede si possono rintracciare solo se il viaggio si fa pellegrinaggio – che è quell’esperienza che si paga al giusto prezzo – e se ai luoghi si preferiscono le persone. Aprire uno spazio nel teatro per ospitare la peregrinazione compiuta dagli autori del libro significa rispondere a queste tre suggestioni: far nostra questa sorgente modesta, appartata, nascosta, continuare a custodirla in teatro, e alimentarla, mai violarla; significa dar vita a un pellegrinaggio dell’emozione, della visione e della conoscenza chiedendo allo spettatore di pagare il suo giusto prezzo in termini di partecipazione attiva; significa infine interrogare il corpo e il suo desiderio, la sua capacità di generare immagini-pensieri e di scavalcare le goffe architetture della ragione raziocinante; il corpo dell’attore innanzitutto, non semplice narratore, e il corpo dello spettatore, chiamato dalla musica, sempre e comunque, alla nostalgia della danza. La musica avrà il compito di generare la molteplicità e l’intimità degli spazi e dei luoghi attraversati. Il loro residuo fisico. La parola, quello di fornire allo spettatore ascoltatore gli strumenti primi per costruire intimamente, quasi fatte in casa, le proprie immagini, le immagini della sua avventura verso la propria esperienza religiosa primigenia.