Nulla di nuovo sul fronte di Armageddon Time – Il tempo dell’apocalisse. I temi affrontati sono più o meno gli stessi di molti film di formazione degli ultimi decenni. Privo della vena poetica e dell’intimismo di The Fabelmans di Steven Spielberg, il film di James Gray tuttavia ha degli elementi positivi.
Recensione di Armageddon Time – Il tempo dell’apocalisse
Siamo nel 1980, nel Queens, a New York. Paul Graff (Michael Banks) proviene da una famiglia borghese di origini ebraiche. Frequenta una scuola pubblica, dove un insegnante – privo di empatia – cerca di istruire i suoi alunni con una disciplina ferrea senza ottenere grandi risultati. Paul fa amicizia con Johnny (Jaylin Webb), un ragazzino di colore che è relegato in fondo alla classe. Insieme affrontano a loro modo il professore e insieme decidono di ribellarsi inconsapevolmente allo status quo. La famiglia di Paul dice di non essere razzista, si definisce progressista, eppure la madre Esther (Anne Hathaway) continua a chiamare Johnny ‘ragazzo nero’, come se fosse necessario evidenziare il colore della pelle. Il padre Irving (Jeremy Strong) – quando Paul viene trovato nei bagni della scuola con Johnny mentre fuma uno spinello – non esita a picchiarlo in modo brutale con una cintura.
L’unico che sembra capirlo è il nonno, Aaron (Anthony Hopkins), il quale gli dice che, anche se vuole diventare artista, deve comunque studiare. Non sminuisce né deride i suoi sogni, lo ascolta e soprattutto gli dice che il razzismo è una cosa molto negativa. I veri uomini non sono razzisti. Lui, che ha vissuto la Shoah, sa bene di cosa parla. Aaron è un punto di riferimento per il nipote e per tutta la famiglia, in modo particolare per la figlia Esther. Ma Paul per crescere dovrà conoscere il dolore della perdita. Intanto viene trasferito in una scuola privata.
Armageddon Time è un film che cerca negli anni Ottanta del secolo scorso e nella presidenza di Ronald Reagan l’inizio di molti problemi odierni. La causa dei mali di oggi va ricercata nella mentalità utilitaristica americana che costringe i ragazzini ad inseguire il successo finanziario, mettendo in sordina vocazioni e talenti; nella valorizzazione delle discipline tecniche e scientifiche a svantaggio delle arti umanistiche; nella disparità tra istruzione pubblica e privata e nelle disuguaglianze sociali tra etnie diverse, perché ancora negli Ottanta era il maschio bianco a detenere il potere in ogni settore della vita sociale. Chi apparteneva a un genere e ad etnie differenti era ritenuto inferiore. Dunque, alcuni temi di dickensiana memoria si rincorrono in questo film. Johnny è un po’ un Oliver Twist dei nostri giorni.
Armageddon Time però è anche la storia di un’amicizia tra due ragazzi che provengono da classi sociali differenti. Ma il rapporto sembra giovare psicologicamente solo ad uno dei due e non è un demerito della sceneggiatura ma un fatto. Insomma, si tratta di un film gradevole che tratta argomenti molto attuali. Maria Ianniciello