Aspromonte – La terra degli ultimi : trama e recensione del film

Un movimento di camera ci porta sulle pendici dell’Aspromonte definendo un contesto che è idealmente immobile. Intanto Mimmo Italia, detto o’ poeta, (Marcello Fonte) spiega a un bambino, in dialetto locale, cosa significhi Aspromonte: «I greci lo chiamavano Monte Lucente – dice –. Da lontano, dalle navi, si vedeva questo paese bianco, come la neve. Per me, questa è la terra degli ultimi. La terra di quelli che ancora rispettano i padri. La terra dei poeti. La terra della civiltà. Qui ancora c’è la civiltà». Nelle prime sequenze di Aspromonte – La terra degli ultimi protagonisti e comparse si muovono per cambiare le cose.

Aspromonte – La terra degli ultimi : trama e recensione

Siamo ad Africo, nel febbraio del 1951, in un’Italia di altri tempi. Cristo non aveva ancora superato Eboli e la Calabria descritta da Corrado Alvaro venti anni prima era pressoché intatta. Povera, chiusa, arcaica ma intrisa di valori, questo pezzo di terra nel meraviglioso film di Mimmo Calopresti ci appare in tutte le sue antinomie. Il regista, infatti, ci fa vedere con una lucidità disarmante com’eravamo e da dove siamo partiti.

Con la fotografia vintage, che mi rievoca il grande cinema di Tornatore, per la vena nostalgica, Aspromonte – La terra degli ultimi è un omaggio a quanti tentarono di tenere in vita il mondo antico, cioè a coloro che con semplicità riuscivano ad esser saggi perché erano in sintonia con i cicli naturali (il gallo che canta non è certo una casualità). Ed è per questo, forse, che la pellicola pone al centro i bambini. C’è poi la maestra (Valeria Bruni Tedeschi) che arriva dal Nord per insegnare l’italiano. Africo comunque è isolato ed è sprovvisto dei beni di prima necessità.

Senza un medico e nessuna strada che collega il paese alla Marina, si muore di parto o per una banale infezione. La gente così fa appello, ma invano, alla Legge per avere ciò che le spetta mentre un signorotto (Sergio Rubini) detta le regole con la forza e per mezzo della paura. Gli abitanti di Africo, tuttavia, sono esasperati e – guidati da Peppe (Francesco Colella) e Cosimo (Marco Leonardi) – decidono di costruire in autonomia una strada, consapevoli che la via di comunicazione sarebbe la loro salvezza. Come del resto lo è per molti abitanti di intere zone del Mezzogiorno, che ancora oggi sono sprovviste di grandi arterie stradali e ferroviarie.

Aspromonte – La terra degli ultimi

Le nostre radici sono fatte di pane, amore e fantasia

Quella descritta in Aspromonte – La terra degli ultimi è una società in declino, sulle cui ceneri è nato il mondo che oggi conosciamo. Noi veniamo da lì, chi più e chi meno. Le nostre radici sono fatte di pane, amore e fantasia. Ma nei nostri ricordi collettivi ci sono anche povertà, sudore ed emigrazione. Il film ce lo ricorda commuovendo e coinvolgendo mediante quei tipi umani di un’Italia arcaica: il parroco, la maestra, il guappo del paese, la levatrice (Romina Mondello), i carabinieri… Figure non accentratrici bensì corali in un ambiente dove ci si aiutava a vicenda nonostante il clima omertoso e le immani difficoltà quotidiane. Aspromonte – La terra degli ultimi è per questo ed altri aspetti un film bello che merita, davvero! (Marica Movie and Books)

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