Blackbird è il titolo di un film drammatico che è uscito in Italia a luglio 2021, su Sky Cinema Uno, con il sottotitolo italiano ‘L’ultimo abbraccio’. La pellicola, che si avvale di un cast di grande spessore, tratta il tema dell’eutanasia, aprendo importanti riflessioni sulla vita, su ciò che è lecito e illecito in punto di morte, sui confini dell’amore, tra egoismi e bisogni inespressi, e soprattutto sull’accanimento terapeutico tra natura e cultura, scienza e coscienza.
‘Blackbird – L’ultimo abbraccio‘: recensione
Il regista Roger Michell ambienta il suo nuovo film tra le pareti confortevoli di una grande villa rendendo privato ed estremamente intimo un tema che ha infuocato negli anni il dibattito pubblico internazionale. La macchina da presa si muove agile in un terreno ostico mostrandoci le contraddizioni del vivere e i conflitti familiari, in un momento in cui lo stato d’animo collettivo è già particolarmente teso. Infatti, tutti i personaggi coinvolti affrontano a loro modo il travaglio della dipartita e metabolizzano in maniera personale quello che sarà l’ultimo abbraccio.
Sì, perché Susan Sarandon veste di nuovo i panni di una madre (ricordate Nemiche amiche, pellicola del 1998?) in punto di morte che qui però decide di non subire la malattia ma di bypassare la fase terminale attraverso la cosiddetta morte dolce. Cosicché Lily (così si chiama la protagonista) chiama a raccolta la sua amica del cuore e le sue due figlie, Jennifer e Anna. La prima è sposata e ha un figlio adolescente. La seconda è omosessuale e ha una vita più travagliata della primogenita.
Prima di morire la protagonista vorrebbe anticipare il Natale nel giorno del Ringraziamento e vorrebbe trascorrere le ultime ore di vita in pace, circondata dall’amore dei suoi cari. Ma è proprio a tavola (come ne I segreti di Osage County) – cioè nel momento clou, dopo attimi di reciproca intesa in cui si rievocano vecchi ricordi – che si rompono gli equilibri ed escono fuori vecchi dissapori non solo tra le due sorelle ma anche tra Lily e Anna.
Un film potente con una buona regia e un’ottima sceneggiatura
La morte diventa così il viatico per l’autenticità e spalanca le porte del non detto e del sottaciuto, perché, come accade in Teatro, in questo film è la Parola che fa da condottiera attraverso dialoghi profondi e pochi ma significativi monologhi. Mentre la macchina da presa si muove agile in uno contesto chiuso, tra vedute esterne, panoramiche interne e qualche primo piano.
Insomma, in due ore di film il regista e soprattutto lo sceneggiatore, Christian Torpe, sono riusciti a trattare più argomenti delicati con forza, audacia e genialità. Blackbird – L’ultimo abbraccio è il remake del film danese Stille hjerte.
Questa recensione è stata scritta da Maria Ianniciello, segui l’autrice su Instagram