Bohemian Rhapsody è un film del 2018. Si può vedere su Netflix e Disney + in abbonamento; a noleggio in streaming su YouTube, Tim Vision, Apple Tv, Google Play Film. Il lungometraggio ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra cui quattro premi Oscar nel 2019. Rami Malek ha ricevuto la statuetta per il miglior attore protagonista e un Golden Globe nel 2019 per la migliore interpretazione drammatica. Di seguito la nostra recensione del film sui Queen e la trama.
Bohemian Rhapsody: recensione
Emozionante, grintoso, motivante: Bohemian Rhapsody, il film sui Queen, è questo e molto altro ancora e, anche se i fan sfegatati della famosa band britannica noteranno qualche sbavatura e diverse imprecisioni biografiche nella pellicola, non si può negare che il biopic catturi l’attenzione dello spettatore ricalcando quanto riusciva a fare sul palco la voce e l’anima del gruppo, Freddie Mercury.
Mercury era in effetti un performer dallo straordinario talento vocale, aveva uno stile tutto suo ed era un dispensatore di emozioni come ci mostra sequenza dopo sequenza il film Bohemian Rhapsody che ripercorre i primi quindici anni dei Queen, dalla nascita del gruppo al Live Aid, il concerto rock che si svolse in diverse località il 13 luglio del 1985 unendo le star internazionali della musica in un unico grande afflato per l’Africa, proprio quando l’AIDS (la malattia con cui morì precocemente Mercury), partendo dal continente nero, stava infettando l’Occidente.
Un surrogato di sensazioni che graffiano
Bohemian Rhapsody – che prende proprio il titolo dal noto brano, prima disprezzato e poi amato dai critici, come spesso è accaduto e tuttora accade con i pezzi di successo – è un surrogato di sensazioni uniche che apre diversi spunti di riflessioni su Freddie Mercury, all’anagrafe Farrokh Bulsara, nato a Zanzibar e di origini Parsi.
Infatti tutta la vita della star sembra essere motivata dall’impellente tentativo di negare le proprie origini e i precetti paterni nonché religiosi, salvo poi tornare sui suoi passi prima della morte. E non è un caso isolato. Molte sono state le personalità di successo che hanno preso le distanze dalla storia familiare, la quale a volte, anziché motivare, crea ostacoli e barriere.
Di conseguenza può capitare che bisogna allontanarsi da casa per spiccare il volo come ci insegna il gabbiano Jonathan Livingston che trasgredisce le regole del clan finendo in esilio. Non si può dire a una pecora di muggire e al cane di miagolare. Ognuno deve seguire la propria natura.
Dunque… l’allontanamento dalla famiglia, l’incontro con Mary, sua musa e amore della vita (come si vede nel film), e… poi le sregolatezze, l’edonismo, la dichiarata bisessualità… non erano altro che la condicio sine quo non per la manifestazione del Talento di Mercury che cercò le strade più dissestate per potersi esprimere. La vera arte usa spesso la follia e percorre sempre la via dell’anticonformismo per manifestarsi.
I Queen, mescolando più generi musicali, hanno infatti parlato alla gente comune creando un nuovo modo di fare musica rock, molto scenografico e sicuramente avvincente, che poi ha condizionato generazioni di musicisti. Una musica che trae forza anche dalle immagini che evoca. Tutto questo il film Bohemian Rhapsody lo ricrea fedelmente facendoci notare come il talento nulla può senza la perseveranza e un impegno quotidiano.
Il mito di Freddie Mercury
L’attore protagonista Rami Malek riporta in vita il mito e la leggenda di Freddie Mercury regalandoci una performance di alto livello. A dir la verità tutto il cast si mostra all’altezza delle aspettative così come la regia di Bryan Singer (sostituito poi da Dexter Fletcher per diatribe interne).
Insomma Bohemian Rhapsody mi ha emozionata divertendomi e facendo battere i miei piedi all’unisono più volte tanto che sulle note di We are the Champions non ho potuto fare a meno di cantare. Le canzoni dei Queen sono ormai STORIA che parla da e per sé… (*** recensione di Maria Ianniciello)