Brooklyn uscì al cinema a marzo 2015. Questa sera, 23 ottobre 2019, il film andrà in onda su Rai 1, in prima sera. Ecco la recensione.
Dentro gli occhi azzurro cielo di Eilis Lacey (un’eterea Saoirse Ronan) si specchiano i tersi tramonti irlandesi e il luccichio abbagliante dell’East River. Tra la verde Irlanda, campagnola e provinciale, e la grande e multiculturale Brooklyn, c’è lo spazio intimo di un viaggio di formazione decifrato attraverso una delicatissima “grammatica emotiva”.
Il melodramma, si sa, è una questione d’amore e morte, lutti e malattie, frodi e inganni, ma il film di John Crowley va a inserirsi, fin dalla prima sequenza, nel novero di opere che ricalcano schemi consolidati (dai tempi di Douglas Sirk e ancora più indietro nel tempo) senza tuttavia appesantirne la sintassi filmica e il linguaggio delle passioni canoniche.
Alla forma, seppur curata ed elegante, il cineasta vecchia scuola preferisce il moto dell’anima, alla collezione di sequenze pittoriche, i primi piani e il vitalismo corporeo di gente comune che crede ciecamente nei valori della libertà e dell’affermazione personale contro qualsiasi ostacolo o impedimento.
Eilis, occhi di ghiaccio e cuore fremente, è un’eroina degli anni Cinquanta in cerca di fortuna a Brooklyn dalla natia Irlanda; si troverà presto divisa tra i vecchi affetti del borgo originario e i nuovi amori sbocciati nella promised land.
Brooklyn: una fiaba archetipica
Come in una fiaba archetipica modulata secondo lo schema di Vladimir Propp, le vicende della giovane e bella Eilis ruotano intorno al baricentro affettivo della famiglia – una madre bisognosa di cure dopo la morte della primogenita, la stessa sorella maggiore che, prima di morire, le fungeva da seconda madre e i due giovani che avrebbero assicurato il futuro della ragazza – dalla situazione di partenza (il protagonista lascia la sua casa e dà inizio alla sua avventura) al ristabilimento dell’equilibrio finale.
Passioni e pulsioni, isterie e turbamenti emotivi fluiscono liberamente…
Brooklyn, in forza dell’adattamento del romanzo di Colm Toibin da parte di Nick Hornby (lo ricordiamo soprattutto per “Alta fedeltà” e “Un ragazzo”, entrambi approdati sul grande schermo), mette in primo piano quella genuina e ormai desueta pratica dello storytelling lasciando sullo sfondo la sintomatologia classica dell’opera strettamente sentimentale.
“Le vite degli altri” sono raccontate attraverso una storia di ampio respiro, con semplicità e senza fastidiose indulgenze retoriche. Non un mieloso feuilleton, ma un’opera che, pur essendo ancorata strettamente alla realtà sociale ed economica degli anni Cinquanta (basti notare la messa a fuoco della bigotta terra “verde”, colma di becero provincialismo e pettegolezzo a tutto spiano, e la dispersiva terra delle nuove opportunità, grande e piena di risorse), rimane come sospesa tra antico e moderno, restituendoci i prodromi della nostra modernità.
Passioni e pulsioni, isterie e turbamenti emotivi fluiscono liberamente e sembrano evadere, dalle strette maglie della sceneggiatura per poi perdersi nei colori della fotografia di Yves Bélanger, cangianti a seconda della sfumatura psicologica del personaggio illuminato.
Il film diventa dunque un ricettacolo di sentimenti esposti a cieca vulnerabilità o a quieto disincanto, una graziosa tela da riempire coi colori della passione.
Brooklyn, che ha ottenuto tre nomination dall’Academy, compresa quella come miglior film, significa, in una sola parola: libertà. Saoirse, il nome stesso dell’attrice protagonista – “libertà” in antico gaelico – non può che rafforzare la simbologia filmica incarnata da una giovane donna coraggiosa e indipendente.
Brooklyn: trama
in cerca di una vita più prospera e avventurosa, la giovane Eilis Lacey decide di partire, grazie all’interessamento della sorella maggiore, dalla provinciale Irlanda verso la dorata Brooklyn, terra promessa in cui sperare di realizzare i propri sogni.
Approdata sulle coste atlantiche nel 1952, Eilis trova un lavoro e si innamora perdutamente di Tony, idraulico italo-americano con cui progetta una vita insieme.
Ma il richiamo del luogo natio, con la complicità di un lutto in famiglia che la costringe a ripercorrere nuovamente le rotte atlantiche, si farà sentire sempre di più fino a farle vacillare ogni certezza. Di seguito il trailer del film.