Sarà per le musiche di Puccini, Gounod e Wagner, ma in “C’era una volta a New York” c’è molto della tradizione melodrammatica. E` il 1921. Siamo a Ellis Island, il simbolo dell’immigrazione negli Stati Uniti. L’isola dove le speranze e i sogni degli immigrati, che sfuggivano alla fame e alla disperazione, spesso si frantumavano a causa della corruzione di uomini senza scrupoli come Bruno (Joaquin Phoenix) che per fare denaro reclutava donne sole, le quali altrimenti sarebbero state espulse. Ed Ewa Cybulski (Marion Cotillard) fa parte di questa lunga schiera. Con Magda, la sorella malata di tubercolosi, lei, giovane e bella, dalla Polonia approda a New York con il desiderio di crearsi una famiglia e avere dei figli. Ma le sue speranze, come quelle di migliaia di persone, purtroppo s’infrangono quando i funzionari le comunicano che la sorella sarà messa in isolamento e lei verrà espulsa dal Paese. Ewa è in preda alla disperazione quando compare Bruno, che le offre il suo aiuto con la promessa di ridare la libertà a Magda. La ragazza entra in un mondo che non le appartiene. Lei, una fervente cattolica, dai buoni principi, è costretta, pur di rivedere la sorella, a vendere il suo corpo. Emblematica in tal senso la scena della confessione, che s’ispira a “Il diario di un curato di campagna” di Robert Bresson; una sequenza che si regge proprio sul concetto Cristiano della redenzione: in ogni persona, anche nella più malvagia, c’è del bene e quindi tutti possono aspirare alla salvezza eterna. James Gray con questo film ha voluto raccontare uno dei momenti più significativi della storia americana, in particolare di New York, ma dal punto di vista degli immigrati.
Il film nasce proprio dalla volontà del regista di affrontare problematiche ed emozioni a lui vicine, considerato che i suoi nonni arrivarono a Ellis Island dalla Russia proprio nel 1923. “C’era una volta a New York” è un film che, nonostante emozioni poco, affascina soprattutto per l’aspetto visivo, oltre che per le tematiche, che comunque sono state già proposte da altri registi. Le fotografie, curate da Darius Khondji, rimandano alle atmosfere della New York dipinta da George Bellows e da Everett Shinn. Si tratta d’immagini fortemente realistiche, con giochi di luci che danno alla pellicola un carattere religioso. Gray dunque continua, sebbene in modo diverso, a soffermarsi sulle molte contraddizioni del genere umano e in particolare sui legami di sangue, spesso conflittuali. Come dimostra il confronto/scontro tra Bruno e Orlando (Jeremy Renner), cugini che diventano acerrimi nemici proprio a causa di una donna.
Trailer: http://youtu.be/yA0Ps3QLalk