Si preannuncia come una serata evento quella di mercoledì 10 ottobre alla 31a edizione delle Giornate del Cinema Muto in corso a Pordenone fino a sabato 13: in occasione dei seicento anni della nascita di Giovanna d’Arco, infatti, sarà proiettato, eccezionalmente nel Duomo di San Marco, il capolavoro di Carl Theodor Dreyer La passione di Giovanna d’Arco (1928) interpretato dall’attrice Renée Falconetti nel ruolo protagonista. La proiezione sarà scandita dalla nuova partitura firmata per l’occasione da Touve Ratovondrahety e realizzata per organo, coro, violoncello solista, trombe e tromboni: ad eseguirla, nella prova generale di domani e in prima assoluta mercoledì 10 ottobre (in entrambi icasi dalle 20.30 nel Duomo di San Marco) saranno il Coro e l’Orchestra San Marco di Pordenone, con Giuseppe Barutti (Solisti Veneti) al violoncello.
«Il capolavoro di Dreyer ha già ispirato così tanti musicisti – spiega Touve Ratovondrahety – Io ho dalla mia la fortuna di aver vissuto per otto anni a Orléans, dove il Festival de Jeanne d’Arc è un evento molto amato e magnificamente celebrato ogni anno a maggio. Inoltre, la “Solennité de Jeanne d’Arc” è sempre una straordinaria liturgia annuale anche nella chiesa parigina in cui lavoro adesso: tutto ciò ha determinato l’atmosfera e la scelta del testo, che rappresenta la parte più difficile di questo progetto. Ciò che guida questa composizione è il movimento del film. È un film di movimento, Quando i protagonisti restano immobili, si muove la cinepresa. Quando la cinepresa è statica, sono in movimento i protagonisti… Uso anche citazioni dirette da opere moderne che mi sembrano cogliere certi momenti cruciali del film: una battuta dalla Symphonie des Psaumes di Stravinsky (quando a Jeanne viene rifiutata l’Eucarestia) e sette battute dall’Ottava Sinfonia di Gustav Mahler (quando Jeanne viene blandita con la promessa di una lettera da parte del Re)».
E intanto questa mattina, 9 ottobre 2012, alle 31^ Giornate del Muto, con cinque proiezioni speciali degli “anni ruggenti” (dal 1911 al 1916), si festeggia “Hollywood a Pordenone”, ovvero la l’omaggio alla Selig Polyscope Company, la celebre casa cinematografica che ha inventato il “western” come cinema di genere, che ha introdotto la pubblicita’ del cinema, e per prima ha distribuito in Europa le pellicole statunitensi. Sulla Selig Polyscope Company ha scritto un saggio autorevole il critico Andrew Erish, domani al festival. Le origini della Selig Polyscope Company vanno rintracciate nel colonnello William Nicholas Selig (1864-1948), probabilmente il meno noto dei fondatori dell’industria cinematografica americana, ma è forse il più importante. Nato a Chicago, trascorse parecchi anni girovagando negli stati dell’Ovest americano in qualità di illusionista e impresario di spettacoli di varietà, prima di abbracciare la carriera di produttore cinematografico. Fu la sua conoscenza di prima mano del West, unita a una precoce intuizione delle potenzialità del cinema, che lo indusse a girare i primi film a soggetto western nello stesso West, utilizzando come protagonisti veri cowboy e indiani, e quindi a fondare il primo studio cinematografico a Los Angeles. Con i suoi western girati in scenari autentici e spettacolari e interpretati da attori dotati di qualità atletiche perfettamente funzionali all’ambientazione e alle trame, Selig definì le caratteristiche essenziali del genere che è poi divenuto la pietra angolare del cinema americano. Poiché all’epoca nessun altro cineasta aveva una conoscenza diretta del West, è probabile che senza Selig il western avrebbe avuto vita breve, come i soggetti marini o quelli sugli incendi. Ed è ancor più probabile che senza di lui l’industria del cinema americano avrebbe messo radici nei dintorni di Jacksonville in Florida. Basterebbe questo per considerare William Selig una figura centrale per lo sviluppo del cinema. Altre due cruciali innovazioni introdotte da William Selig caratterizzano ancor oggi l’industria che egli contribuì a creare. La Selig e la Vitagraph furono le sole case di produzione americane ad aprire uffici di vendita e distribuzione in Europa prima della Grande Guerra. Tale iniziativa favorì il prestigio internazionale del cinema americano che, a decenni di distanza dalla scomparsa delle due case, continua a dominare i mercati mondiali.
Ancora da segnalare per la serata di oggi la proiezione, in prima nazionale, del restauro della storica pellicola “The Spanish dancer”, di cui erano rimasti pochissimi fotogrammi. Sarà proposta al Teatro Verdi alle 20.30. A restaurare e restituire alle proiezioni il film di Herbert Brenon (1923) interpretato da Pola Negri e Antonio Moreni è stato l’EYE Film Instituut Nederland con il contributo di moti altri archivi, per intervento anche dello storico del cinema Kevin Brownlow, Oscar alla carriera lo scorso anno.
Alle 31^ Giornate del Muto, intanto, si è festeggiata oggi l’attrice Jean Darling, enfant prodige divenuta icona del cinema muto: a Pordenone ha raccontato in musica, e con splendida voce di usignolo, i suoi 90 anni da poco compiuti. Ex attrice bambina, ormai indissolubilmente legata alle Giornate, Jean Darling è una delle poche testimoni del nostro tempo con nitidi ricordi dell’attività svolta ai tempi del cinema muto. Presso gli studios di Hal Roach divenne una “star in erba” nei panni della piccola femme fatale bionda della serie Our Gang (Simpatiche canaglie) che sarebbe diventata la più lunga serie della storia del cinema. Di lì a breve la piccola Jean avrebbe avuto per colleghi Stan Laurel e Oliver Hardy, Charley Chase e Jean Harlow, e avrebbe conosciuto Marion Davies, Greta Garbo e Clark Gable. Jean Darling. Oggi vive in Irlanda, dove scrive, fa trasmissioni radiofoniche e canta, ancora con una voce chiara e limpida.