Deepwater – Inferno sull’oceano – Di visi sporcati da petrolio zampillante, liquami tossici e fanghiglia, ne abbiamo visti a centinaia sul grande schermo. L’ultimo che, attraverso l’epopea del grande romanzo americano, ha ritratto Paul Thomas Anderson, ha forgiato l’immagine indelebile dell’uomo tiranno, egotista, dedito al più becero utilitarismo: il self made man della tradizione americana, uno per tutti, “tutto per uno”. Era il volto del superbo Daniel Day-Lewis, nei panni autoritari di Daniel Plainview, cercatore d’argento che “sporcò” d’oro nero l’Ovest degli Stati Uniti. Gli si oppone, in Deepwater – Inferno sull’oceano – una diversa tipologia di eroe, impersonato da un rassicurante e coraggioso padre di famiglia votato all’operosità sul lavoro e alla dedizione per una famiglia che ama a dismisura. Un tipico working class hero di quelli coriacei e tutti d’un pezzo. Il film di Peter Berg, con un cast i cui nomi sarebbero già indicatori del genere di appartenenza della pellicola – Kurt Russell, John Malkovic, Gina Rodriguez – è un elogio appassionato all’everyman Wahlberg (Mike Williams) che, spalle larghissime e cuore smisurato, si sobbarca il peso di una missione quasi impossibile: sulla stazione petrolifera Deepwater Horizon, a seguito di una violenta detonazione, fa di tutto per salvare i suoi compagni. Ma nel blockbuster ad alto tasso di spettacolarità c’è di più. Basti pensare al fondo di realismo che richiama la tragica vicenda accaduta nel 2010 – la vera esplosione della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico che causò undici morti e molteplici feriti – su cui Berg intesse una storia dai risvolti umani accentuati, attraverso un bilanciamento intelligente tra l’inevitabile fragore hollywoodiano e una drammaturgia forse un po’ troppo laccata, ma non per questo poco profonda.
Con Deepwater – Inferno sull’oceano passiamo dalla crudele epopea de “Il Petroliere” alla misura pantagruelica e chiassosa del disaster-movie che, caso raro di questi tempi, usa la storia di un vero dramma umano ed ecologico per riflettere sulla coscienza dell’individuo e sui destini di una nazione piena di contraddizioni. Attraverso un’azione dal ritmo elevatissimo, talvolta plausibile nella sua declinazione più realistica, si passa dall’eden della dimensione affettiva della famiglia di Mark, capo reparto della Deepwater, all’antro oscuro in cui l’intero team di addetti ai lavori cerca disperatamente di sopravvivere alla tragedia. Il modello da cui trae ispirazione, senza scomodare i tanti titoli action degli anni Ottanta, è quello però di una cronistoria avventurosa che mescola il dato iperreale a quello affettivo, l’urgenza documentaristica a un’atmosfera all’inizio preparatoria (grazie ad un prologo ben costruito su cui si sente montare l’angoscia di un orrore sul punto di esplodere), poi gravida di tensione e spettacolo bellico. In fondo Mark, “Mr Jimmy” (Kurt Russell), e anche la moglie del “capitano coraggioso”, intenta a seguire gli eventi drammatici in tv, non fanno altro se non lottare per sopravvivere, combattendo una guerra contro un nemico più grande di loro.
Deepwater – Inferno sull’oceano, in questo senso, racchiude il leitmotiv (la lotta dell’individuo apertamente schierato) che percorre l’intera filmografia di Peter Berg, rinsaldata nella sua forza propagandistica e nella sua vocazione umanitaria da massicce dosi di patriottismo e ritmi indiavolati. Ecco la trama del film: 20 aprile 2010, golfo del Messico. Sta per accadere quello che è stato definito uno dei più gravi disastri ambientali della nostra storia. Una tremenda esplosione a 1500 metri di profondità miete undici vittime e devasta i corpi di altri lavoratori della Deepwater Horizon, la base trivellatrice semisommergibile ormeggiata lungo la costa della Louisiana. A prendere in mano la situazione ci pensa Mike Williams (Mark Wahlberg), a capo del comparo tecnico della squadra, che infonde coraggio agli uomini e, insieme ai più capaci, cercherà di mettere in salvo più vite possibili. Di seguito il trailer di Deepwater – Inferno sull’oceano.