Dheepan: recensione
Dheepan? L’inferno, in questi tempi bui, è una guerra civile da cui scappare, un Paese distrutto dalle macerie, una spiaggia assolata su cui giace il corpo senza vita di un innocente, uno specchio d’acqua azzurro in cui annaspano persone in cerca di “una nuova vita”. Come bene evidenzia il sottotitolo italiano di Dheepan, “una nuova vita” ; il film di Audiard è una moderna Odissea, un viaggio di formazione e di trasformazione in cui un uomo, migrante in fuga dalla sua terra distrutta, cerca di sopravvivere attraverso stratagemmi e calcolate strategie finché raggiunge la periferia parigina, un limbo di criminalità ed efferatezza in cui le anime vaganti si purgano in attesa del “giudizio finale”. Ma la storia di riscatto e redenzione è una lenta catabasi in un mondo oscuro, sotterraneo, profondamente legato alla terra e maleodorante di piombo e sangue. Quel “sapore di ruggine e ossa”, assaporato per tutto il film (“De Rouille et d’os”, 2012) da Ali e Stéphane, esplode qui in un tumulto che riproduce lo “choc” attraverso sussulti e spasimi, voglia di empatia con altri esseri umani e incapacità di comunicare con loro. La poetica di un cineasta come Audiard tenta, di film in film, di ricomporre lo strappo sentimentale di mille lacerazioni che una vita di stenti e privazioni produce. Come in ogni sua pellicola, la vita è a stretto contatto con la morte e basta poco affinché l’amore si rovesci in odio folle e viceversa. Esattamente come avviene ne “Il Profeta”. Cinema dai toni forti che parla di conflitti e sentimenti che si accartocciano su se stessi per poi rinascere a “nuova vita” lungo un percorso inesorabile tra colpa e dannazione. Leitmotiv ricorrente della pellicola, è proprio il concetto di “trasformazione” dell’uomo i cui traumi personali coincidono con quelli collettivi del suo Paese messo a ferro a fuoco dalla rivolta, mentre la speranza in un cambiamento si infrange contro il rimbombo di nuovi spari e nuove violenze, questa volta nello scalcinato quartiere della banlieue parigina in cui si rifugia con una famiglia “inventata”. Ma Dheepan vuole credere a questa favola e spera fino in fondo che Yalini, la sconosciuta unitasi a lui per passare il confine e quella bambina da lei raccattata in un accampamento, siano davvero sua moglie e sua figlia. La tragedia messa in scena da Audiard è urlata senza voce, parla la lingua della violenza e della sopraffazione e a strepitare convulsa è una sofferenza viscerale che parte dal moto di ribellione di un corpo violato. Audiard concretizza sinesteticamente il “freddo buio” di un mondo cattivo negli occhi scuri di Dheepan e Yalini, nei loro gesti esasperati con cui lottano cercando di affermare la propria identità contro la volontà profanatoria del sottobosco criminale, esperimento in provetta del mondo reale. Ancora una volta prevale nella poetica del cineasta un “odi et amo” intonato ad un mondo sporcato da ingiustizia e faide personali, e nel ring in cui si combatte una guerra senza arte né parte, dove vincitori e vinti si confondono e la vendetta non scorre mai su una linea di sangue biologica, è estromesso anche il concetto di famiglia che qui diventa escamotage per sopravvivere in un altro luogo. Ma il contesto non cambia, esplosioni e proiettili deflagrano anche nella periferia francese e Dheepan – un passato da miliziano alle spalle – scorge nel fumo del fatiscente condominio nuovi nemici da abbattere, nuovi ostacoli da superare e nuovi pericoli incombenti: le gang di spacciatori, la moglie che cerca di fuggire in Inghilterra dalla cugina, la ragazzina orfana che cerca di strappare, in mezzo al degrado, un po’ d’amore alla famiglia “inventata”. Dheepan non è una favola della buonanotte, è un resoconto crudo e feroce sulla segregazione dell’individuo e del suo gruppo di appartenenza raccontato con perizia clinica da un grande regista contemporaneo. Indagatore dell’animo umano ed elegante compositore di immagini evocative, Jacques Audiard prende a prestito il cinema di genere e lo piega, attraverso una visione del mondo personale e autentica, ad una autorialità che racconta storie di emarginati affamati e vulnerabili. Gli outsider dei suoi film non fanno altro che rinascere continuamente in incessanti battesimi nel sangue, cercando affannosamente di sfamarsi con brandelli di vita rubati a un mondo che non li vuole più.
Dheepan, trama
In fuga dallo Sri Lanka devastato dalla guerra civile, un ex combattente si aggrega a una donna sconosciuta e a una bambina per poter scappare dalla rivolta. Giunta nella periferia parigina, la famiglia “inventata” è alla ricerca della propria identità, tra la violenza e il degrado delle gang di quartiere e la solitudine di un mondo incapace di comunicare col diverso.