Don’t Look Up, una commedia brillante con un cast stellare

Don’t Look Up è una commedia che fa ridere amaramente per la strenua decisione di rendere ogni eccesso, ogni sregolatezza, ogni frase di circostanza, ogni diverbio in questo film grottesco.

Don’t Look Up: recensione del film

Don’t Look Up è una pellicola tragicomica, un prodotto satirico che parla di un essere umano narcisista e talmente preso da sé da non accorgersi che l’estinzione di massa mette in pericolo la sua stessa sopravvivenza. La macchina da presa del regista e sceneggiatore di Filadelfia, Adam McKay, posa lo sguardo su due scienziati, Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence) e Randall Mindy (Leonardo DiCaprio), che da topi di laboratorio diventano famosi quando proprio Kate scopre che una cometa sta per abbattersi sulla terra.

I due scienziati si recano dalla presidente degli Usa (Meryl Streep) affinché vengano presi dei provvedimenti ma quest’ultima, col figlio (Jonah Hill) – che da bamboccione viziato si è ritrovato ad essere capo di gabinetto della Casa Bianca -, opta per un silenzio che sa di indifferenza, fino a quando gli scienziati, su suggerimento dello studioso Teddy Oglethorpe (Rob Morgan), non si rivolgono alla Stampa. I due ricercatori vengono poi intervistati in Tv dai giornalisti super star Brie Evantee (Cate Blanchett) e Jack Bremmer (Tyler Perry) dando così luogo ad un siparietto sui generis in cui i toni della commedia si mescolano molto con il dramma sino a fondersi e confondersi.

Don't look up recensione

Insomma, Don’t Look Up, con un cast stellare, descrive alla perfezione il mondo attuale. Ne viene fuori una società estremamente logorroica, in balia dei social e del suo magnate (un uomo stucchevole), impossibilita a riflettere sul senso della vita e soprattutto sulla morte perché ogni individuo è troppo preso dal desiderio di onnipotenza e soprattutto dalla smania di essere visto.

Il dibattito diventa così scarno, inconcludente, effimero. La società si polarizza sui social e la tragedia si trasforma in uno spettacolo a cielo aperto, dove trionfano gli slogan, le frasi fatte, i vestiti patinati, gli accessori all’ultimo grido. Tutto è fashion. Tutto è marketing. Tutto è consumo. Tutto è apparenza e parvenza. La reale percezione del rischio e anche del pericolo è totalmente assente. Gli scienziati diventano delle star da osannare o delle fecce da incappucciare (che è un po’ come bannare o bloccare) a seconda di quanto i loro atteggiamenti siano fashion.

Non c’è spazio per la rabbia né per il pianto anche se in Don’t Look Up ogni atto è un surrogato di isteria. La società occidentale, difatti, è (almeno questo si evince nel film) profondamente isterica perché il consumismo ci ha dato alla testa tanto da farci credere che le persone siano meno importanti degli oggetti e dunque dell’economia.

Don’t Look Up è quindi un film illuminante e molto innovativo proprio perché si usa la commedia in maniera intelligente, ovvero per veicolare un messaggio sociale e politico. La pellicola ci sbatte in faccia la dura verità dicendo molto più di un film apocalittico perché ci fa ridere e insieme riflettere, ci distrae e allo stesso tempo ci preoccupa, ci induce, anche se per poco, a voler apportare un cambiamento nelle nostre vite e nel nostro approccio alle cose.  

Adam McKay – attraverso personaggi dai caratteri stereotipati (mi è piaciuto molto anche il personaggio di Timothée Chalamet) ma realistici riesce a farci pensare al surriscaldamento globale e alla pandemia con gusto e senza far leva sulla nostra paura in maniera sfacciata. (La recensione di Don’t Look Up è stata scritta da Maria Ianniciello)

Il film ha ricevuto 3 nominations agli Oscar 2022, per il miglior film, migliore sceneggiatura originale e miglior colonna sonora. Pagina aggiornata il 9 febbraio 2022.

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