E’ restauro per i carri Regolini-Galasso

©www.provincia.roma.it
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Sono “ritornati” nel loro originale splendore i carri della principesca tomba etrusca Regolini-Galassi, un restauro presentato ai Musei Vaticani quest’oggi presso la sala conferenze. La tomba Regolini-Galassi costituisce uno dei contesti più ricchi e significativi per il periodo Orientalizzante in Etruria. Ma il suo pregio non si esaurisce sul solo piano estetico. Gli aspetti formali legati al rituale funerario, gli elementi simbolici che emergono dall’esame delle singole suppellettili e dalla loro associazione e disposizione, assumono un valore esemplificativo e al contempo analogico di un intero complesso cerimoniale che accompagnava nella vita, come nella morte, i principi etruschi. Una ricostruzione, dovuta, a seguito dei maldestri scavi ad opera dell’arciprete Alessandro Regolini e del generale Vincenzo Galassi  tra il 16 e il 24 aprile del 1836 che pura avendo regolare permesso, si apprestarono a riportare alla luce, senza nessun criteri scientifico, la necropoli del Sorbo a Cerveteri che custodiva reperti di ineguagliabile valore tra cui i carri parte dell’arredo funebre. L’Istituto di studi sul Mediterraneo antico (Isma già Iscima) del Consiglio nazionale delle ricerche ha illustrato la nuova ricostruzione, attuata nell’ambito del progetto Cnr “Ricerche sui veicoli principeschi etrusco-italici,” , in cooperazione con il Reparto per le antichità etrusco-italiche dei Musei Vaticani spiegando minuziosamente tutti i passaggi del delicato restauro. Oltre alla biga ed al carro da trasporto, ora ricostruito a due anziché a quattro ruote, dai restauri è emerso un calesse, rivestito delle lamine bronzee che fino al 2011 erano esposte su un curioso seggiolone da parata, o “trono”. Un restato che ha portato alla luce, malgrado negli scavi precedenti sono stati definitivamente “cancellati” ricostruzioni storiche importantissime, una novizia di particolari che possono contribuire alla ricostruzione storica della cultura etrusca. Usi e costumi, attività e pratiche funerarie, abitudini quotidiane di principi e gente comune (quella apparentemente senza storia) fioriti dalla struttura sepolcrale, in parte ricavata nella roccia e in parte costruita con blocchi che dava vita al dromos (corridoio d’anticamera) e alla camera di fondo destinata alla sepoltura principale e a due ambienti minori, cosiddette celle. Un tesoro ineguagliabile: letto funebre in bronzo, gioielli di raffinatissima fattura, vasellame d’argento e di bronzo, stoffe intessute di lamine d’oro decorate, fastosi arredi di uso rituale e con riferimenti alla pratica aristocratica del banchetto e al potere gentilizio, altre cinque tombe (cosiddette periferiche). Ed ancora. Tra gli svariati preziosi, spiccano la straordinaria fibula da parata, il cosiddetto “pettorale”, i bracciali e la collana in oro e ambra, nei quali ritroviamo applicate, nella versione più raffinata e virtuosa le tecniche principi dell’oreficeria etrusca, a partire dalla granulazione, ma anche la lavorazione a sbalzo con punzoni, la realizzazione di fili e catenelle. A tutto questo, poi, i carri per tanto tempo sono stati sconosciuti ed ignorati, seppure vi erano stati chiari indizi a seguito del ritrovamento di alcune parti relative alle ruote, le lamine di rivestimento in bronzo decorate ed altri componenti funzionali e di ornamento che, con il senno di poi, è chiaro appartenere a più di un veicolo. Nonostante ciò, la presenza di carri nella tomba Regolini-Galassi rimase a lungo uno degli aspetti più nebulosi, dato che a lungo scomparve dalle pubblicazioni anche l’unico carro che era stato riconosciuto ai tempi della scoperta. Ogni epoca ha pertanto lasciato la sua impronta nella restituzione dell’immagine della tomba e conseguentemente nella sua interpretazione. La presenza o meno di un elemento nel corredo comporta infatti il riconoscimento non solo di aspetti estetici e funzionali ma anche di specifiche valenze simboliche e rituali. I carri, prima intravisti, poi negati e infine riscoperti e reinterpretati costituiscono un elemento fortemente caratterizzante dell’apparato funerario nelle tombe di personaggi di rango. La lettura della tomba Regolini-Galassi, che è stata affrontata nell’ultimo secolo, non ha potuto prescindere da questa presenza e generazioni di archeologi hanno dovuto misurarsi con tale realtà. Lo sviluppo delle conoscenze sui carri etruschi, intensificatosi allo scorcio del XX secolo, ha sollecitato un prudente riesame delle ricostruzioni sino ad allora presenti nel museo e che, pur nel loro patente anacronismo, rientravano ormai nell’immaginario consolidato della tomba. Lo studio per il progetto di ricostruzione dei carri, che ha portato all’identificazione di ben tre esemplari, è ripreso agli inizi del 2011, grazie alla decisiva collaborazione della dott.ssa Adriana Emiliozzi. Nel 2012, anche il “trono” lasciava definitivamente il museo, dopo che vi era stato esposto per un secolo esatto. L’ultimo anno è stato dedicato alla parte esecutiva del restauro e della ricostruzione, nonché al completamento delle indagini archeometriche e dell’apparato documentario, con i risultati che oggi andiamo a presentare. Recentemente (4 aprile 2013) l’attenzione sulla tomba è stata richiamata con la presentazione nei Musei Vaticani dell’installazione di realtà virtuale elaborata nel Progetto Etruscanning (in collaborazione con Allard Pierson Museum, Amsterdam, CNR – ITABC, Visual Dimension, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, CNR – ISMA) che ha avuto come finalità quella di reinserire il corredo, ricontestualizzandolo, all’interno della monumentale struttura architettonica tuttora esistente.

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