Everest: trailer e recensione del film con Jason Clarke, Robin Wright, Keira Knightley, Emily Watson, Jake Gyllenhaal e Josh Brolin
L’uomo si pone delle sfide. Lo scopo è sempre lo stesso: essere felice anche per un solo istante. I modi, per raggiungere questa “condizione di grazia”, sono però diversi. C’è chi la ricerca nella realizzazione professionale, chi nella famiglia, chi nella competizione sportiva, chi nella preghiera, chi nell’arte e nella cultura, chi in missioni per molti impossibili, come per esempio scalare l’Everest. Eppure la ricerca della felicità fine a se stessa il più delle volte porta solo disperazione e morte, perché ciò che ci rende veramente liberi e, quindi, felici è “esistere” con gentilezza e garbo mettendo da parte il moralismo imperante e l’ambizione fine a se stessa che ci schiavizzano rendendoci delle ombre, dei morti viventi. Tutta questa premessa, non inutile (almeno credo), per dirvi che al cinema è uscito Everest, un film che ci fa riflettere (a me è successo) anche sulle questioni esistenziali sopra esposte. La pellicola ruota intorno alla scalata dell’Everest di due diverse spedizioni, guidate da Rob Hall (Jason Clarke) e Scott Fischer (Jake Gyllenhaal), avvenuta nel maggio del 1996 e ci fa conoscere, non senza distorsioni e luoghi comuni purtroppo, uno sport affascinante quanto pericoloso. Lo spettatore è così guidato quasi da subito nel cuore della scalata. I personaggi sono poco approfonditi, tanto che il più delle volte ci sembra siano spinti ad agire solo dal fanatismo. In realtà nell’alpinismo c’è molto di più, che nella pellicola traspare poco. Sull’Everest, una volta superati 5mila metri, l’aria si fa rarefatta e raggiungere la cima diventa uno sforzo fisico e mentale che mette in competizione l’uomo con la Natura.
Capiamo da subito che la battaglia, se non si è equipaggiati correttamente, è persa in partenza. Everest – diretto da Baltasar Kormàkur – ha il merito di aver riacceso i riflettori ulteriormente su una storia realmente accaduta con un cast di grandi attori e con intelligenza, ricostruendo la vicenda sugli articoli e sul libro redatti dal giornalista, Jon Krakauer, che prese parte alla spedizione. Le immagini – girate tra il Nepal, gli Studios di Cinecittà, le Alpi e i Pinewood Studios – sono superlative ed evidenziano le difficoltà degli scalatori che si trovarono ad affrontare una situazione imprevedibile. Questo film però manca di pathos e di emozioni veramente forti, tanto che questa pellicola somiglia più a un documentario che a un lungometraggio. Girato con una lucidità disarmante, Everest esclude lo spettatore che è informato dei fatti senza però sentirsi mai partecipe. Voto: [usr 3]