In questi giorni di festival, una delle parole che sento pronunciare più spesso dai cantanti, dagli ospiti e dai giornalisti stessi, è “creatività”. Tra le canzoni in gara alla 64esima edizione della rassegna, ce n’è una in particolare che rende meglio l’idea di quanto sia importante, soprattutto in questo periodo di crisi e di sofferenza globale, creare per migliorare, per sperare, per vivere. Sto parlando de “Il cielo è vuoto” di Cristiano De André, una canzone che ti entra nello stomaco già dopo il primo ascolto. Un pezzo rock-orchestrale, il cui testo può essere letto come un incoraggiamento a dipingere il proprio “cielo”, un’esortazione a riempirlo di sogni e di valori, anche se si pensa sia, appunto, “vuoto”.
Contenuto nell’album “Come in cielo così in guerra (Special Edition)”, riedizione dell’ultimo lavoro del cantautore genovese, “Il Cielo è vuoto” è, con ogni probabilità, uno dei brani più belli interpretati dal figlio del grande Faber. Una perla destinata a lasciare un segno profondo in questo festival. Cristiano la canta con grinta, passione, rabbia e commozione. «Ognuno di noi deve avere dei pastelli per poter colorare o disegnare il proprio cielo. Non lasciare che siano altri a farlo per voi – ci spiega il cantautore tornato al festival di Sanremo dopo ben 11 anni di assenza – Tutti devono ritrovare il coraggio di creare e di sperare. Viviamo, da almeno 40 anni, in un secondo Medioevo. Un periodo in cui ci sono durissime verità da accettare, dove vige purtroppo la legge del più furbo e disonesto. Di tutto ciò parla la mia canzone». E la musica può essere un mezzo attraverso il quale uscire da questo stallo, per ricominciare ad avere fiducia nel presente e, soprattutto, nel futuro. «E` l’unica cosa che so fare – spiega Cristiano –. La musica è l’unica amica che mi ha accompagnato in ogni singolo momento della vita, anche nelle fasi più brutte, tra cadute e incertezze. La musica mi ha aiutato a superare situazioni difficili, che ora fanno solo parte del mio passato e del mio bagaglio di esperienze personali. Mi sono dato molto da fare negli ultimi anni».
Su quel palco, che non calcava da oltre un decennio, le emozioni sono sempre intense ed inaspettate, anche se hai sulle spalle anni di concerti, anche se ne hai viste tante da poter scrivere un libro o girare un film. «Ne ho viste parecchie di serate e di live, di persone e di situazioni più o meno piacevoli. Ma Sanremo è speciale. Ti costringe ad essere perennemente concentrato. In appena tre minuti all’Ariston, devi dare tutto, trasmettere ciò che senti e fare arrivare subito la tua canzone». E l’altra sera, con “Il Cielo è vuoto”, il messaggio è arrivato, forte e chiaro, dritto al cuore, come una freccia, come un’improvvisa pennellata di colore rosso su una tela completamente bianca, a riaccendere l’anima di ciascuno di noi.
Questa sera, terza serata del festival, De Andrè canterà di nuovo il brano che martedì è stato premiato, da pubblico e giuria, con il 53% dei voti (l’altro pezzo portato a Sanremo da Cristiano è “Invisibili”, incantevole poesia dedicata alla sua Genova che, ci auguriamo, vinca il Premio della Critica). La gara, quella vera, parte quindi tra qualche ora. Avremo modo di ammirare nuovamente, forse con maggiore attenzione e consapevolezza, il “cielo” dell’artista ligure, con le sue nuvole, le mille sfumature, il sole e le tempeste che, in fondo, albergano anche in ciascuno di noi.
Silvia Marchetti