Francesco Branchetti è attore e regista teatrale. Nato a Firenze, Branchetti ha cominciato a muovere i primi passi nel mondo della recitazione «da ragazzino, prima da spettatore e poi da studente, frequentando l’Accademia teatrale», racconta egli stesso a Cultura & Culture. «Tra i miei maestri ci sono Marcel Marceau e Vittorio Gassman», sostiene. Con il tempo il pubblico italiano ha potuto apprezzare le sue doti interpretative anche in diverse fiction, come “Elisa di Rivombrosa”, “Un medico in famiglia”, “Il commissario Rex”, “Una donna per amico” (solo per citarne alcune) e in film, quali “Cronache del terzo millennio”, diretto da Francesco Maselli (presentato fuori concorso alla 53esima Mostra di Arte Cinematografica di Venezia), e “Mari del Sud” di Marcello Cesena. Branchetti, però, come accennato, oltre a essere interprete è anche regista teatrale, una carriera cominciata agli inizi del 2000. Tra gli spettacoli da lui diretti figurano titoli come “Scandalo!” di Alberto Bassetti, “Antonio e Cleopatra” di Shakespeare, “Inno alla terra”, spettacolo-concerto su San Francesco, “Intervista con Marinetti” di Giovanni Antonucci.
Preferisce la regia o la recitazione?
Sono due mestieri completamente diversi, di cui sento il bisogno, quasi un’urgenza. Non ho quindi una preferenza tra i due.
Qual è il suo modello di riferimento per quanto riguarda la regia?
I registi di riferimento sono Peter Stein, Antonio Calenda e Jérôme Savary.
E gli attori?
I miei due punti di riferimento, per quanto riguarda la recitazione, sono Marcel Marceau e Gabriele Lavia.
Il Cinema e il Teatro stanno attraversando un periodo difficile. Quali sono le difficoltà che un regista si trova ad affrontare quotidianamente?
La difficoltà principale è quella di fare degli spettacoli che siano accolti dal mercato senza cadere nella trappola dell’operazione commerciale, per cui, almeno per quanto mi riguarda, cerco sempre di lavorare su una drammaturgia di alto livello e con attori che stimo. Tento di fare un “Teatro d’arte”.
Che cosa rappresenta per lei la Cultura?
La Cultura è sviscerare i problemi che abbiamo tutti e analizzarli in maniera collettiva, soprattutto in un momento difficile come quello attuale, dove è in crisi l’uomo contemporaneo.
Per quanto riguarda uno dei suoi ultimi spettacoli teatrali, Girotondo, che cosa l’ha spinta a dirigere questa rappresentazione teatrale?
Girotondo è uno spettacolo sulla condizione della donna, ambientato nei primi del Novecento, che ci colpisce per la terribile modernità, perché racconta un mondo femminile che vuole evolvere e un mondo maschile arroccato nei suoi privilegi. Sembra scritto oggi. Tengo molto a questo spettacolo; il cast è straordinario, con attori come Gaia De Laurentiis, Lorenzo Costa e altri interpreti.
Progetti?
Sto per debuttare a Milano, dal 12 marzo, al Teatro Oscar con uno spettacolo che s’intitola “La finzione della vita” di Giovanni Antonucci, che ha vinto il premio Vallecorsi. Si tratta di rappresentazione sulla Televisione e su come quest’ultima è stata accolta dalle famiglie e in generale dalla gente. A fine stagione lo spettacolo riandrà in scena a Roma, al Teatro Belli dal 6 all’11 maggio.
Un consiglio ai giovani che vogliono accostarsi alla recitazione e alla regia…
Consiglio ai giovani di prepararsi bene, studiando, e di non lanciarsi in una professione difficile, come quella della recitazione, in maniera sprovveduta e approssimativa.