Il Giffoni Film Festival ha ospitato oggi due delle star nostrane più attese dai giovani giurati e dai giornalisti: Marco D’Amore e Salvatore Esposito. I due attori, il primo di Caserta, l’altro di Napoli, sono noti per essere i protagonisti della serie televisiva del momento Gomorra, tratta dall’omonimo romanzo che costringe ancora oggi Roberto Saviano a vivere sotto scorta. Negli ultimi giorni Il Fatto Quotidiano ha inoltre dedicato un ampio spazio alle accuse che vorrebbero la casa di produzione Cattleya aver pagato il pizzo per consentire che parte delle riprese della serie fossero girate all’interno della casa di un boss a Torre Annunziata. Il direttore Riccardo Tozzi ha alimentato la polemica attraverso delle dichiarazioni contrastanti per cui, se da una parte smentisce di aver pagato anche solo un centesimo ai clan, dall’altra sostiene di non essere riuscito a non sporcare la faccia di Gomorra durante le riprese a Torre Annunziata. Salvatore Esposito ha provato a smorzare le polemiche, affermando: «Di fronte avete due attori che hanno partecipato alla più bella serie televisiva che ce la stanno invidiando nel mondo. Non mi sembra il momento di parlare di cose così inutili».
Marco D’Amore ha invece rincarato la dose quando i giornalisti gli hanno fatto notare che la RAI non ha voluto produrre Gomorra per non proporre degli eroi negativi. «Io non vorrei fare un’apologia di Sky, né una critica alla RAI perché non mi compete. Gomorra è stato il frutto dell’impegno di persone che hanno deciso di correre dei rischi. Però è veramente svilente che nel 2014 si possa continuare a dividere il mondo tra buoni e cattivi. Secoli fa Shakespeare già ci dava lezioni in questo senso. Il mondo va a tremila, dovremmo smetterla di giudicare». Un’altra serie di successo come La Piovra ebbe una grande risonanza a livello internazionale, sottolinea qualcuno. «Già accostandoci alla Piovra, che è uscita vent’anni fa, hai cancellato tanti anni di tv italiana. La RAI ha definito noi e il libanese eroi negativi. Chi ha visto la serie sa che Genny e Ciro sono negativi e non sono neanche eroi», risponde Esposito. Poi chiede manforte al suo collega e amico D’Amore: «Ho detto bene?». «Benissimo», lo rassicura l’altro dall’indole più indomita.
Ma c’è il rischio di rimanere legati ai popolari personaggi che hanno interpretato, Genny Savastano e Ciro Esposito? D’Amore ha le idee chiare: «Questo è un problema che non riguarda noi. Io vengo da un’esperienza di commedia con Tirabassi e Bentivoglio in TV. Ero diverso, pesavo 30 chili in più e non sapevo ancora che avrei interpretato Gomorra. Il problema è che il nostro cinema tende a etichettare. Chi è bello e ha gli occhi azzurri automaticamente è il buono e così via». Esposito preferisce ironizzare: «Dopo Gomorra, pensavo di tornare a fare i panini al McDonald (ride, n.d.r.). Nella serie ho avuto la fortuna di interpretare quasi due personaggi diversi, il Genny prima e dopo l’Honduras, cosa che in Italia non accade di frequente. Le proposte che mi sono arrivate, a parte qualche perla in questo mare, restano legate a un cinema che racconta l’ambiente mafioso. L’Italia continua a camminare a ritroso rispetto al resto del mondo».
A chi gli chiede se la gentilezza e la gratitudine possano cambiare in qualche modo il mondo sporco, che hanno raccontato in Gomorra, rispondono in modo differente. Marco D’Amore sostiene di essere cresciuto insieme a Ciro e che questo è stato possibile solo grazie alla totale assenza di pregiudizio. «Nella macchia nera, che mi stava affianco, ho vissuto degli sprazzi di gentilezza e di umanità talmente alti che mi sono chiesto se nella mia vita riuscirò mai a vivere le emozioni con una tale intensità?». Esposito ci tiene a rendere omaggio alla sua terra. «A prescindere del progetto e dalla nostra costruzione dei personaggi, la gentilezza, la gratitudine e la solidarietà che abbiamo trovato sul territorio mi hanno commosso. Poi lo so, le cose belle non fanno notizia ma noi abbiamo girato nelle zone considerate malfamate e abbiamo trovato affetto e supporto accompagnate da caffè, acqua e porte spalancate. Dunque, non è tutto marcio». Riuscire a spiegare l’alchimia che si è creata tra i due personaggi che li hanno resi celebri non è facile. Marco D’Amore ha osservato: «Sono cose ingestibili, non credo a chi riesce a spiegare il percorso. Abbiamo trovato Ciro e Genny guardandoci dritto negli occhi. Nel nostro sguardo c’erano la tensione, la rabbia, l’amore, l’amicizia. Sono emozioni che per noi attori facciamo filtrare attraverso il lavoro pratico». Salvatore Esposito conclude: «Speriamo davvero che siamo riusciti a trasmettervi delle emozioni».
Rosa Maiuccaro