Giorgio Verdelli: “I miei speciali sono abiti su misura”

Giorgio Verdelli
Giorgio Verdelli

Giorgio Verdelli è uno degli autori televisivi più noti d’Italia. Dopo aver preso parte alla realizzazione delle più autorevoli trasmissioni musicali dell’ultimo trentennio, egli si dedica alla realizzazione di accurati “ritratti d’autore” che, con estrema cura, egli confeziona come abiti su misura. Insieme al gravoso e gratificante  ruolo di direttore artistico del Teatro Trianon di Napoli, Verdelli sta riscuotendo un grande successo con il suo ultimo progetto intitolato “Unici”.

Giorgio, dove come e quando ha scoperto la musica e cosa significa per Lei?

E’ difficile identificare una data precisa. Ho scoperto la musica grazie alla radio, ai programmi di Raffaele Cascone e Paolo Giaccio. Un aneddoto che mi colpì fu quando, nel 1970, andai a Roma al concerto dei Rolling Stones con un mio amico più grande: fuori al Pala Eur c’era il giornalista e critico musicale Mario Luzzatto Fegiz che intervistava i ragazzi che erano accorsi lì per l’evento e intervistò anche me . Quella sera ebbi come una specie di fulminazione. La musica è  gran parte della mia vita ma io la intendo a 360 gradi, non esistono generi, per me è cultura, un modo di approcciare alle cose. Ascoltare musica vuol dire anche conoscerla, capire le ragioni per cui è stata scritta e prodotta.

La sua lunga carriera potrebbe essere divisa per capitoli. Quali e quanti sono stati i più importanti?

Beh, per quanto riguarda gli inizi, ero spesso al Pentotal al Vomero, c’erano tanti gruppi ed andavo spesso ad ascoltarli, poi c’è stata Radio Antenna Capri e il palcoscenico nazionale con lo scherzo della reunion dei Beatles con gli Shampoo e la Radio RAI regionale. In seguito partecipai al concorso “Un volto nuovo per gli anni ‘80”, ricordo che con me concorrevano anche Alessandro Cecchi Paone, Fabio Fazio e Piero Chiambretti. I posti erano tre ma io mi classificai solo quarto, ricordo che Falqui mi disse: «Non abbiamo bisogno di uno che sappia far tutto, per quello c’è già Baudo. Faccia l’autore, non faccia come questi coglioni», fu così che cominciai a fare il suo assistente e poi ho continuato fino ad oggi. Tra l’87 e l’88 fui direttore artistico del Festival di Sanremo ma allora il ruolo era minore rispetto ad oggi. Ancora prima ci fu il programma “Quelli della notte”con cui mi dedicavo ai ragazzi fuori dal mercato discografico. Poi fondai una mia società con gli speciali musicali dedicati a grandi artisti nazionali. Tra i tanti cito: Zucchero, Nannini, Ligabue, Ramazzotti, Bocelli, Mina.

La città di Napoli rappresenta un luogo importante per il suo percorso professionale. Ci racconta gli anni del neapolitan power, lo spirito dei musicisti di allora e l’eredità musicale che questo movimento ci ha lasciato?

Fu un periodo davvero molto bello e molto importante ma è con grande dispiacere che devo sottolineare il fatto che la musica di tendenza dell’epoca non ha avuto degli eredi, in qualche misura potrebbero esserlo alcuni rapper ma si tratta di un discorso completamente diverso. Questo non è accaduto, invece, a Milano o a Roma dove, al contrario, si è sviluppata una corrente cantautoriale di grande successo. In quegli anni Edoardo Bennato, Pino Daniele, Tullio De Piscopo erano al top della scena musicale italiana così come Enzo Gragnaniello, Joe Amoruso, gli Osanna e James Senese ma per una serie di cause concatenate, non ultimo il sottile snobismo da parte dei media locali, a Napoli non si è sviluppata una struttura industriale in grado di fare sistema. Ci sono state alcune serie di iniziative a pioggia ma nessuna valida idea per aiutare gli artisti; è brutto dirlo ma in questa città difficilmente un artista ne aiuta un altro.

Per quanto riguarda la direzione artistica del Teatro Trianon, in che modo sta portando avanti quest’esperienza?

Tengo a ribadire che io svolgo il mio incarico in maniera gratuita per vari motivi, tra questi la voglia di non essere ricattato e il fatto che i miei tanti impegni non mi consentono di essere costantemente presente sul territorio. Per me quest’esperienza rappresenta un’occasione vitale per vedere quello che succede, si tratta di un lavoro molto faticoso ma altrettanto gratificante. Siamo in perenne lotta con i bilanci ma come teatro abbiamo fatto e stiamo facendo tantissimo per la città, a differenza delle precedenti amministrazioni. Andare a teatro è un atto d’amore e di sicuro cercheremo di fare sempre il massimo.

“Voci della città”, “Quelli della notte”, “Concerti sotto le stelle”, “Canzonissima”, “Uno, due, tre Rai”, “Fantastico”, “Dopofestival Sanremo”, “Castrocaro”, “Unici”. Come si è evoluta la sua professione? Quali sono le fasi che scandiscono la realizzazione di lavori così meticolosi ed accurati? Quali sono le linee guida per assicurare un prodotto ed un servizio di qualità ai telespettatori?

Prima facevo programmi su ordinazione nel senso che non avevo molta libertà di azione poi con “Musica sul 2” o “Unici” mi sono cimentato in programmi che ho inventato io e che, in seguito all’approvazione da parte della RAI, proponevo ad un artista, il quale, in caso di accettazione,  acconsente a lasciarmi visionare tutto il proprio archivio. Lo speciale viene costruito come un vestito su misura,  la differenza è proprio come quella tra un vestito cucito da un sarto ed uno disponibile in larga distribuzione ai grandi magazzini. Ogni volta si tratta di una grande sfida e se oggi sono qui è anche grazie ai miei grandi maestri: Falqui, Giaccio, Arbore.

A cosa sta lavorando adesso e qual è il progetto dei Suoi sogni?

Per una serie di combinazioni il 26/12 andrà in onda, in prime time, uno speciale su Roberto Bolle mentre il 30/12, in seconda serata, ci sarà quello dedicato a Francesco Guccini (di cui sono un grande estimatore ed amico) con le straordinarie testimonianze di Umberto Eco e Roberto Benigni che gli dedicherà addirittura un’ode. Il primo gennaio ci sarà, invece, la replica dello speciale dedicato ad Andrea Bocelli. Per quanto riguarda il progetto dei sogni, vorrei continuare ad occuparmi di “Unici” in maniera sempre più professionale e magari trasformarlo in un libro, forse una collana editoriale, tra l’altro c’è anche già una proposta…vediamo che succede!

Raffaella Sbrescia

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