Siate pronti ad essere investiti dalla potente scarica di energia de “Il potere e la sua signora”, il nuovo album dei White MosQuito, una rock band genovese. Un poderoso concentrato di decibel e parole pungenti si scaglierà su di voi, coinvolgendovi inevitabilmente in un turbinio di riflessioni. Adrenalina, chitarre, riff vorticosi e testi al vetriolo sono gli ingredienti basilari di una ricetta tutta da gustare; ad averla elaborata sono Sergio Antonazzo (voce), Simone Pani (basso) , Matteo Magnani(chitarra) e Stefano Ruiu (batteria) i quali rivelano tutte le proprie qualità in 11 nuovi brani cosparsi di note e sudore. Un’aura molto vicina ai dannati anni ’70 lascia comunque ampio spazio alla forte referenzialità contemporanea dei testi, tutti rigorosamente in italiano, i quali trovano un equilibrio dorato con la voce mai esagerata di Sergio Antonazzo. L’intro strumentale di “Candido” regala subito un assaggio completo della cura riservata agli effetti e alla sperimentazione mentre “Solite parole” scaglia, con veemenza, dardi di denuncia sociale. Il fascino animalesco di “Stato confusionale” è una tarantolata dichiarazione di malessere. Poi, ancora, le bellissime e ricercate parole di “Manifesto” incitano ad amare senza pietà e senza vergogna in un mondo in cui “il gioco delle parti è il gioco della sorte”.
L’ angelo – diavolo di “Demone” vuole essere custode e giudice dell’essere umano ma si rivela sono un’immagine sinistra del nostro inconscio. “La guerra è una gara sporca che premia solo l’arroganza”, cantano i White MosQuito in “Forme” mentre le parole di un bambino sanciscono che “Anche questo è rocchenroll”. Una realtà distorta, confusa, incoerente, banale, complessa e contorta in un frastuono di chitarre è ciò che racchiude la rude schiettezza di “In faccia”. “Non smetto” è la descrizione di un individuo che, pur indossando una maschera contro le critiche, non smette di essere sé stesso e sognare. Il nonostante tutto e tutti trapela anche dalle note della dolce ballata intitolata “Dimmi”. L’incertezza di essere un’amara percezione che si ha di sé non fermerà la ricerca della verità . “Nuvola” è il brano che pone fine alla frenesia delle parole per dare un ultimo meritato spazio ad una vigorosa scarica elettrica che vorrebbe e, in effetti potrebbe, risvegliarci dal torpore esistenziale.
Raffaella Sbrescia